RIFLESSIONE DEL PARROCO

È accaduto l’ennesimo fatto gravissimo di cronaca, l’uccisione di un padre, una madre e una sorellina da parte della maggiore dei figli di una coppia di origine macedone del comune di Cordignano. Un parricidio: «è stato infranto un tabù» ha commentato la stampa. La reazione si è scatenata subito su alcuni interrogativi: “Come mai ha fatto questo? Era una ragazza normale; è impossibile sia stata lei”. Si sono disturbati immediatamente gli specialisti, -in genere criminologi e psichiatri-; si sono cercate analisi e deduzioni, peraltro tutte ipotesi post factum. Si sono cercati risposte su questioni che appaiono «impossibili». Ma, mai nessuno che abbia avuto –controcorrente- il coraggio di interrogarsi su un altro aspetto: qual è la qualità morale della coscienza del soggetto che ha commesso il crimine? Aveva una coscienza morale? Tutto è sempre ricondotto ad una questione esclusivamente empirica, psichico-comportamentale, sociologica, statistica. Ma l’uomo, la donna sono solo questo? Il mistero del Male può perturbare e modificare le scelte di un giovane, fino ad arrivare al più grave dei delitti contro la vita o all’uccisione di chi ti ha messo al mondo? Poi analizzi il vissuto della ragazza pluriomicida e scopri che la sua esistenza è stata tutta orientata alla carriera, alla realizzazione in campo scolastico e professionale; un enfant prodige, perfetto, con un futuro splendido sempre in salita, ma che svela con l’omicidio il delirio di onnipotenza. Si dichiara l’impossibilità che un simile profilo psicologico potesse sfociare in un progetto considerato “diabolico”. In realtà ancora nessuno si pone la domanda di fondo: questa ragazza ventottenne oltre ad aver sviluppato i suoi talenti intellettuali e le sue capacità manageriali, per emanciparsi da un mondo forse povero di immigrati in cerca di un po’ di fortuna, aveva concretamente fatto crescere la sua coscienza morale? Qualcuno in questa società tutta protesa verso il futuro, fatto di progressivi successi, le aveva mai parlato del peccato, del diavolo tentatore, del fallimento, della fragilità, della legge morale, del rispetto dei suoi genitori? Stupisce come questa società intelligente e razionale non sappia mettere in conto tra le variabili che generano questi episodi mostruosi, l’interrogativo sull’origine misteriosa del male come risultato di una scelta morale. Togliamoci di dosso l’ingenuità del mito dell’uomo moralmente buono perché intelligente, razionalmente capace di intendere, comprendere e volere. Quasi che l’aumento dei diplomi di laurea diminuisca il male nel mondo. Nè il più esperto criminologo può accettare ormai la tesi dell’imprevedibilità delle azioni di un soggetto. Dietro ad ogni personalità che “scoppia” (fatto salve le patologie psichiatriche), c’è sempre l’influenza di una storia educativa e di piccole quotidiane scelte morali. Finalmente va posta anche la questione: il demonio esiste? Sì, il diavolo esiste, agisce nell’ombra, manipola le menti, corrode i cuori e distrugge ciò che è di più sacro. «Lungi dall’essere un mito, una rappresentazione astratta, un simbolo, una figura o un’idea è qualcosa di reale». Nell’esortazione «Gaudete et exsultate» sulla santità nella vita cristiana e nel mondo contemporaneo, il Papa mette in guardia dal potere delle Tenebre sulla vita dell’uomo. «Tale inganno ci porta ad abbassare la guardia, a trascurarci e a rimanere più esposti. Lui non ha bisogno di possederci. Ci avvelena con l’odio, con la tristezza, con l’invidia, con i vizi. E così, mentre riduciamo le difese, lui ne approfitta per distruggere la nostra vita, le nostre famiglie e le nostre comunità, perché “come leone ruggente va in giro cercando chi divorare” (1Pt 5,89)».
Come comunità cristiana, facciamo nostra la grande preoccupazione del pontefice per la minimizzazione di questo problema. Il potere del Male è capace di insinuarsi nelle «fragilità e nelle proprie inclinazioni (ognuno ha la sua: la pigrizia, la lussuria, l’invidia, le gelosie,…). È anche una lotta costante contro il diavolo, che è il principe del male. Gesù stesso festeggia le vittorie dei suoi discepoli ieri (e oggi), quando riuscivano a progredire nell’annuncio del Vangelo, superando l’opposizione del Maligno, ed esultava: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore» (Lc 10,18). Nessuno ha più tempo o voglia, per educare o educarsi alle armi potenti contro il Male: «abbiamo le potenti armi che il Signore ci dà: la fede che si esprime nella preghiera, la meditazione della Parola di Dio, la celebrazione della Messa, l’adorazione eucaristica, la riconciliazione sacramentale, le opere di carità, la vita comunitaria, l’impegno missionario» (Gaudete ed Exultate, 107). Dunque lo scetticismo su questa materia va contestato. Vangelo alla mano, il Papa spiega che non ammettere l’esistenza del demonio significa continuare a guardare la vita «solo con criteri empirici e senza una prospettiva soprannaturale. Proprio la convinzione che questo potere maligno è in mezzo a noi, è ciò che ci permette di capire perché a volte il male ha tanta forza distruttiva» (ivi). Una forza che agisce in modo carsico, e che affiora improvvisamente nei fatti di cronaca, avvelenando la vita, riempiendola di tristezza, invidia, odio, e che le sole statistiche o interrogativi razionali non possono spiegare la forza demoniaca contro la vita, l’amore, insomma contro ciò che di più bello Dio abbia creato.                                                              dD

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