La logica del servizio umile e generoso
Oggi celebriamo la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo, con la quale si chiude l’anno liturgico, la grande parabola in cui si dispiega il mistero di Cristo: tutto l’anno liturgico. Egli è l’Alfa e l’Omega, l’inizio e il compimento della storia; e la liturgia odierna si concentra sull’”omega”, cioè sul traguardo finale. Il senso della storia lo si capisce tenendo davanti agli occhi il suo culmine: la fine è anche il fine. Ed è proprio questo che fa Matteo, nel Vangelo di questa domenica (vv. 25,31-46), ponendo il discorso di Gesù sul giudizio universale all’epilogo della sua vita terrena: Lui, che gli uomini stanno per condannare, è in realtà il supremo giudice. Nella sua morte e risurrezione, Gesù si mostrerà il Signore della storia, il Re dell’universo, il Giudice di tutti. Ma il paradosso cristiano è che il Giudice non riveste una regalità temibile, ma è un pastore pieno di mitezza e di misericordia. Gesù, si identifica anche con le pecore, cioè con i fratelli più piccoli e bisognosi. E indica così il criterio del giudizio: esso sarà preso in base all’amore concreto dato o negato a queste persone, perché Lui stesso, il giudice, è presente in ciascuna di esse. Lui è giudice, Lui è Dio-uomo, ma Lui è anche il povero, Lui è nascosto, è presente nella persona dei poveri che Lui menziona proprio li. Dice Gesù: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto (o non avete fatto) a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete (o non l’avete) fatto a me» (vv. 40.45). Saremo giudicati sull’amore. Il giudizio sarà sull’amore. Non sul sentimento, no: saremo giudicati sulle opere, sulla compassione che si fa vicinanza e aiuto premuroso.
Io mi avvicino a Gesù presente nella persona dei malati, dei poveri, dei sofferenti, dei carcerati, di coloro che hanno fame e sete di giustizia?
Dunque, il Signore, alla fine del mondo, ci chiederà: «Sei stato un po’ pastore come me?». Sei stato pastore di me che ero presente in questa gente che era nel bisogno, o sei stato indifferente?». Fratelli e sorelle, guardiamoci dalla logica dell’indifferenza, di quello che ci viene in mente subito: guardare da un’altra parte quando vediamo un problema. Ricordiamo la parabola del buon samaritano. Quel povero uomo, ferito dai briganti, buttato per terra, fra la vita e la morte, era lì solo. Passò un sacerdote, vide, e se ne andò, guardò da un’altra parte. Passò un levita, vide e guardò da un’altra parte. Io, davanti ai miei fratelli e sorelle nel bisogno, sono indifferente come questo sacerdote, come questo levita, e guardo da un’altra parte? Sarò giudicato su questo: su come mi sono avvicinato, di come ho guardato Gesù presente nei bisognosi. Questa è la logica, e non lo dico io, lo dice Gesù: «Quello che avete fatto a questo, a questo, a questo, lo avete fatto a me. E quello che non avete fatto a questo, a questo, a questo, non lo avete fatto a me, perché io ero lì». Che Gesù ci insegni questa logica, questa logica della prossimità, dell’avvicinarsi a Lui, con amore, nella persona dei più sofferenti.
Chiediamo alla Vergine Maria di insegnarci a regnare nel servire. La Madonna, assunta in cielo, ha ricevuto dal suo Figlio la corona regale, perché lo ha seguito fedelmente nella via dell’amore. Impariamo da lei a entrare fin da ora nel regno di Dio, attraverso la porta del servizio umile e generoso. Papa Francesco