XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO B

Una Chiesa accogliente
Il Vangelo della liturgia odierna ci racconta un breve dialogo tra Gesù e l’apostolo Giovanni, che parla a nome di tutto il gruppo dei discepoli. Essi hanno visto un uomo che scacciava i demoni nel nome del Signore, ma glielo hanno impedito perché non faceva parte del loro gruppo. Gesù, a questo punto, li invita a non ostacolare chi si adopera nel bene, perché concorre a realizzare il progetto di Dio (cfr. Mc 9,38-41). Poi ammonisce: invece di dividere le persone in buone e cattive, tutti siamo chiamati a vigilare sul nostro cuore, perché non ci succeda di soccombere al male e di dare scandalo agli altri (cfr. vv. 42-45.47-48).
Le parole di Gesù svelano, insomma, una tentazione e offrono un’esortazione. La tentazione è quella della chiusura. I discepoli vorrebbero impedire un’opera di bene solo perché chi l’ha compiuta non apparteneva al loro gruppo. Pensano di avere “l’esclusiva su Gesù” e di essere gli unici autorizzati a lavorare per il Regno di Dio. Ma così finiscono per sentirsi prediletti e considerano gli altri come estranei, fino a diventare ostili nei loro confronti. Fratelli e sorelle, ogni chiusura, infatti, fa tenere a distanza chi non la pensa come noi e questo — lo sappiamo — è la radice di tanti mali della storia: dell’assolutismo che spesso ha generato dittature e di tante violenze nei confronti di chi è diverso.
Ma occorre anche vigilare sulla chiusura nella Chiesa. Perché il diavolo, che è il divisore — questo significa la parola “diavolo”, che fa la divisione — insinua sempre sospetti per dividere ed escludere la gente. Tenta con furbizia, e può succedere come a quei discepoli che arrivano a escludere persino chi aveva cacciato il diavolo stesso! A volte anche noi, invece di essere comunità umili e aperte, possiamo dare l’impressione di fare “i primi della classe” e tenere gli altri a distanza; invece che cercare di camminare con tutti, possiamo esibire la nostra “patente di credenti”: «io sono credente», «io sono cattolico», «io sono cattolica», «io appartengo a questa associazione, all’altra…»; e gli altri poveretti no. Questo è un peccato. Esibire la “patente di credenti” per giudicare ed escludere. Chiediamo la grazia di superare la tentazione di giudicare e di catalogare, e che Dio ci preservi dalla mentalità del “nido”, quella di custodirci gelosamente nel piccolo gruppo di chi si ritiene buono: il prete con i suoi fedelissimi, gli operatori pastorali chiusi tra di loro perché nes­suno si infiltri, i movimenti e le associazioni nel proprio carisma particolare, e così via. Chiusi. Tutto ciò rischia di fare delle comunità cristiane dei luoghi di separazione e non di comunione. Lo Spirito Santo non vuole chiusure; vuole apertura, comunità accoglienti dove ci sia posto per tutti.
E poi nel Vangelo c’è l’esortazione di Gesù: invece di giudicare tutto e tutti, stiamo attenti a noi stessi! Infatti, il rischio è quello di essere inflessibili verso gli altri e indulgenti verso di noi. E Gesù ci esorta a non scendere a patti col male, con immagini che colpiscono: «Se qualcosa in te è motivo di scandalo, taglialo!» (cfr. vv. 43-48).
Se qualcosa ti fa male, taglialo! Non dice: «Se qualcosa è motivo di scandalo, fermati, pensaci su, migliora un po’…». No: «Taglialo! Subito!». Gesù è radicale in questo, esigente, ma per il nostro bene, come un bravo medico. Ogni taglio, ogni potatura, è per crescere meglio e portare frutto nell’amore. Chiediamoci allora: cosa c’è in me che contrasta col Vangelo? Che cosa, concretamente, Gesù vuole che io tagli nella mia vita?
Preghiamo la Vergine immacolata, perché ci aiuti a essere accoglienti verso gli altri e vigilanti su noi stessi.

Papa Francesco

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.