Parrocchia
Via Verdi, 11 – 33031 Basiliano
– Parrocchia di Sant’Andrea Apostolo, costituita nel 1937 da smembramento della Pieve di Variano –
13 ottobre 1922: seduta del Consiglio Comunale di Pasian Schiavonesco.
All’ordine del giorno la proposta di modificare il nome del paese. La delibera, accolta favorevolmente due mesi più tardi dalla Deputazione Provinciale di Udine, venne affermata il 23 marzo 1923 dalla Reale Commissione per la Straordinaria Amministrazione. L’anno successivo, con la pubblicazione sulla “Gazzetta Ufficiale”, il Comune di Pasian Schiavonesco cambiava definitivamente nome e diventava o, per meglio dire, ridiventava Basiliano in quanto già nel Medioevo il paese è ricordato come Basiliano (Basilianum 1072, Basilanum 1149, Basaglianum 1172, Vasilianum 1184 e Basalianum 1228) per poi subire una trasformazione dal 1268, quando lo si trova citato come Pasegliano, Paselanum (1272), Pasiglano (1275) e Paseliano (1300).
Dal 1301 gli venne affiancato l’aggettivo sclavanesc, probabilmente per differenziarlo dal vicino paese di Pasian di Prato. Da quell’anno lo si trova dunque citato come Pasillano Sclavanesch, Paselyan Sclabonich (1337), Pasiano Sciavo (1351), Paseanum Sclabonescu (1400), Pasiliani Sclavoneschi (1498), Pasean Schiavonesco (1548 e 1635), Pasian Sclavonesco (1765-’66) e Pasian Schiavonesco dal 1830 fino al recupero dell’antico Basiliano, che si fa derivare da Basilius (‘uomo al servizio del re’), nome di origine greca appartenuto al probabile assegnatario latino di quelle terre e di quegli insediamenti abitativi che forse a quell’epoca si trovavano nei pressi della chiesetta campestre di san Marco evangelista dove sono stati rinvenuti diversi reperti archeologici che rafforzano tale supposizione. Il nome Basiliano può essere inoltre letto anche nella citazione “Casas in duas Basilicas” presente nel documento longobardo noto come “Donazione Sestense” sotto- scritto nel monastero dei Santi Apostoli di Nonantola, nei pressi di Modena, il 3 maggio 762. In quell’atto i fratelli Erfo, Marco e Anto, figli di Pietro Duca del Friuli e di Piltrude, donavano al monastero maschile di Sesto al Reghena e a quello femminile di Salt le loro proprietà nei territori delle Venezie e dell’Istria. Tra i loro beni anche alcune case situate nella località, citata come “duas Basilicas”, che alcuni studiosi hanno individuato nei due paesi di Basiliano e Basagliapenta.
La chiesa di sant’Andrea apostolo
Il centro abitato di Basiliano ruota oggi attorno alla chiesa parrocchiale dedicata a sant’Andrea apostolo. Essa si affaccia imponente, pur nella sua semplicità, sulla piazza principale, ricordo dell’area su cui sorgeva l’antica cortina che comprendeva la primitiva chiesa, risalente al 1300, ad unica navata con piccolo presbiterio e campanile, già torre difensiva.
Nell’intraprendere uno studio storico-artistico su un fabbricato, sia esso privato, pubblico, civile o ecclesiastico ci si imbatte nel suo continuo mutamento, che inevitabilmente risente del trascorrere del tempo e del succedersi dei vari proprietari. Questi elementi comportano innovazioni, capovolgimenti e varianti, a volte di minimo impatto altre volte davvero sostanziali. È ciò che è accaduto alla parrocchiale intitolata a sant’Andrea apostolo che oggi vediamo vestita con un abito completamente nuovo, indossato dopo i lavori del 1995.
Se da un lato quei lavori cucirono addosso alla chiesa una veste che tanti paesani stentano ancora oggi ad apprezzare, in quanto legati affettivamente e simbolicamente alla precedente memoria dell’edifìcio, dall’altro lato essi hanno consentito di tessere l’evoluzione della fabbrica della chiesa di sant’Andrea apostolo che risulta, ciò nonostante, ancora oggi in molti punti lacunosa, mancando un corpus documentario d’archivio in grado di avallare teorie e supposizioni. Gli scavi condotti all’interno della chiesa hanno permesso di capire che essa è il risultato di una serie di ampliamenti messi in atto durante il corso dei secoli e che fonda la sua origine su un dimesso edificio cultuale ad aula rettangolare e presbiterio quadrato che inglobava l’antico campanile. Parte di quel corpo architettonico è oggi visibile nell’attuale zona presbiterale che, valorizzata durante gli ultimi restauri, mostra degli affreschi realizzati presumibilmente in occasione di alcuni interventi di ristrutturazione avvenuti nel XVI secolo.
Durante i lavori di restauro svolti all’interno della chiesa prima del 1986, nell’area tra il presbiterio e la base del campanile si rinvennero frammenti di laterizi ed una lastra marmorea con iscrizione.
Nel corso degli scavi del 1988 si rinvennero pezzi di vasellame di varie epoche e dei frammenti lapidei con decorazione ad intreccio trivimineo altomedievali.
Nel 1996 sotto la volta dell’abside della chiesa di S. Andrea fu ritrovato un frammento di sarcofago attico figurato in marmo bianco, ridotto in frammenti e ora conservato nel laboratorio di restauro della Soprintendenza a Udine; era stato riutilizzato in epoca basso-medioevale nella fondazione dell’altare.
Gli scavi, eseguiti nella chiesa, portarono alla luce, sotto la volta dell’abside all’interno dell’antico presbiterio pavimentato in cocciopesto, un basamento legato da malta friabile che, una volta rimosso, si rilevò essere formato da ciottoli e da tre blocchi lapidei distinti e fu interpretato come base dell’antico altare. Il blocco più lungo, disposto trasversalmente, poggiava in parte su terreno di riporto ed in parte sull’estremità degli altri due, di cui uno di calcare grigio lavorato grezzamente, mentre l’altro era scolpito con bassorilievi. I lavori individuarono anche i resti di una costruzione della chiesa databile al XIV sec.; poi l’edificio venne ampliato nel 1500 e nel 1731.
Tra il 1753 e il 1754 fu commissionato il nuovo altar maggiore in pietra e dagli inizi dell’Ottocento venne ampliata la chiesa con la costruzione di due navate laterali che la portarono ad assumere la struttura attuale.
Il frammento di sarcofago è una lastra decorata a rilievo, ricomposta da due grandi scheggioni e da undici piccoli pezzi.
Sul lato anteriore si distingue, da sinistra a destra, una figura conservata fino all’altezza delle spalle, avvolta in un mantello; questa è inginocchiata davanti ad un secondo personaggio, del quale rimane solo la gamba sinistra ed un tratto del manto, seduto su una sedia della quale resta visibile una delle gambe anteriori decorata superiormente con motivo a chiocciola. Alle spalle della figura inginocchiata si notano appena le tracce del profilo di un terzo personaggio volutamente scalpellato nel ricavare un blocco per il riutilizzo. Posteriormente il frammento è lavorato a gradina e presenta un solco largo cm. 2 che corre diagonalmente lungo la parete, prodotto in epoca post-antica. La scena rappresentata è quella del riscatto del corpo di Ettore da parte di Priamo, episodio molto amato e raffigurato spesso sui sarcofagi attici a partire dall’ultimo quarto del II sec. d.C. sul lato anteriore e del primo quarto del III sec. d.C. sul lato posteriore.
Questa parte dell’intero episodio, formata da tre scene, è solitamente collocata all’estremità destra della cassa e questa deve essere anche la posizione del frammento di Basiliano, pertinente ad un originale attico importato.
Inoltre, il rilievo piuttosto basso, la lavorazione sommaria delle pieghe dei mantelli e dell’anatomia delle parti nude e l’assenza totale del trapano, fanno pensare ad un lato secondario del sarcofago individuabile in quello posteriore visto che questa scena non compare mai sui fianchi della cassa.
Secondo la Ciliberto, l’esemplare di Basiliano trova confronti più puntuali con un sarcofago proveniente dalla necropoli di Tiro, della metà del III sec. d.C., che riporta questa scena sul lato posteriore; esso proviene probabilmente da Aquileia dove si trova un altro frammento di sarcofago attico, raffigurante la stessa scena, ma pertinente ad un lato anteriore e databile nell’ultimo quarto del II sec. d.C.. Per questo il sarcofago di Basiliano, si può collocare nella prima metà del III sec. d.C..
(Testi tratti da: D. Nobile, “Le Chiese di Basiliano”, Agra 2014).