RIFLESSIONE DEL PARROCO

Vi invito a riflettere su altri due aspetti importanti della famiglia.

Senza vantarsi o gonfiarsi

L’espressione perpereuetai, che indica la vanagloria, l’ansia di mostrarsi superiori per impressionare gli altri con un atteggiamento pesante e piuttosto aggressivo. Chi ama, non solo evita di parlare troppo di sé stesso, ma inoltre, poiché è centrato negli altri, sa mettersi al suo posto, senza pretendere di stare al centro. La parola seguente – physioutai – è molto simile, perché indica che l’amore non è arrogante. Letteralmente esprime il fatto che non si “ingrandisce” di fronte agli altri, e indica qualcosa di più sottile. Non è solo un’ossessione per mostrare le proprie qualità, ma fa anche perdere il senso della realtà. Ci si considera più grandi di quello che si è perché ci si crede più “spirituali” o “saggi”. Paolo usa questo verbo altre volte, per esempio per dire che «la conoscenza riempie di orgoglio, mentre l’amore edifica» (1 Cor 8,1). Vale a dire, alcuni si credono grandi perché sanno più degli altri, e si dedicano a pretendere da loro e a controllarli, quando in realtà quello che ci rende grandi è l’amore che comprende, cura, sostiene il debole. E’ importante che i cristiani vivano questo atteggiamento nel loro modo di trattare i familiari poco formati nella fede, fragili o meno sicuri nelle loro convinzioni. A volte accade il contrario: quelli che, nell’ambito della loro famiglia, si suppone siano cresciuti maggiormente, diventano arroganti e insopportabili. L’atteggiamento dell’umiltà appare qui come qualcosa che è parte dell’amore, perché per poter comprendere, scusare e servire gli altri di cuore, è indispensabile guarire l’orgoglio e coltivare l’umiltà. Gesù ricordava ai suoi discepoli che nel mondo del potere ciascuno cerca di dominare l’altro, e per questo dice loro: «tra voi non sarà così» (Mt 20,26). La logica dell’amore cristiano non è quella di chi si sente superiore agli altri e ha bisogno di far loro sentire il suo potere, ma quella per cui «chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore» (Mt 20,27). Nella vita familiare non può regnare la logica del dominio degli uni sugli altri, o la competizione per vedere chi è più intelligente o potente, perché tale logica fa venir meno l’amore.  Nella mia famiglia come mi comporto: sono umile o cerco a dominare gli altri?

 

Amabilità

Amare significa anche rendersi amabili, e qui trova senso l’espressione aschemonei. Vuole indicare che l’amore non opera in maniera rude, non agisce in modo scortese, non è duro nel tratto. I suoi modi, le sue parole, i suoi gesti, sono gradevoli e non aspri o rigidi. Detesta far soffrire gli altri. La cortesia «è una scuola di sensibilità e disinteresse» che esige dalla persona che «coltivi la sua mente e i suoi sensi, che impari ad ascoltare, a parlare e in certi momenti a tacere». Essere amabile non è uno stile che un cristiano possa scegliere o rifiutare: è parte delle esigenze irrinunciabili dell’amore, perciò «ogni essere umano è tenuto ad essere affabile con quelli che lo circondano». Ogni giorno, «entrare nella vita dell’altro, anche quando fa parte della nostra vita, chiede la delicatezza di un atteggiamento non invasivo, che rinnova la fiducia e il rispetto. […] E l’amore, quanto più è intimo e profondo, tanto più esige il rispetto della libertà e la capacità di attendere che l’altro apra la porta del suo cuore». Per disporsi ad un vero incontro con l’altro, si richiede uno sguardo amabile posato su di lui. Questo non è possibile quando regna un pessimismo che mette in rilievo i difetti e gli errori altrui, forse per compensare i propri complessi. Uno sguardo amabile ci permette di non soffermarci molto sui limiti dell’altro, e così possiamo tollerarlo e unirci in un progetto comune, anche se siamo differenti. L’amore amabile genera vincoli, coltiva legami, crea nuove reti d’integrazione, costruisce una solida trama sociale. In tal modo protegge sé stesso, perché senza senso di appartenenza non si può sostenere una dedizione agli altri, ognuno finisce per cercare unicamente la propria convenienza e la convivenza diventa impossibile. Una persona antisociale crede che gli altri esistano per soddisfare le sue necessità, e che quando lo fanno compiono solo il loro dovere. Dunque non c’è spazio per l’amabilità dell’amore e del suo linguaggio. Chi ama è capace di dire parole di incoraggiamento, che confortano, che danno forza, che consolano, che stimolano. Mi propongo di essere amabile, di creare ponti, di confortare gli altri.

RIFLESSIONE DEL PARROCO

          L’AMORE NEL MATRIMONIO

Da oggi voglio condividere con tutte le famiglie che vogliono interrogarsi, fare un cammino assieme, alcuni messaggi importanti che si trovano nel documento del Papa Francesco Amoris Laetitia.
Credo sia importante pregare per le nostre famiglie, avere delle iniziative per i loro figli, però bisogna pensare anche ai genitori che hanno bisogno del nostro sostegno anche concreto.

Adesso ci soffermiamo in modo specifico a parlare dell’amore. Perché non potremo incoraggiare un cammino di fedeltà e di reciproca donazione se non stimoliamo la crescita, il consolidamento e l’approfondimento dell’amore coniugale e familiare. In effetti, la grazia del sacramento del matrimonio è destinata prima di tutto «a perfezionare l’amore dei coniugi». Anche in questo caso rimane valido che, anche «se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe» (1 Cor 13,2-3). La parola “amore”, tuttavia, che è una delle più utilizzate, molte volte appare sfigurata. Nel inno alla carità scritto da San Paolo, riscontriamo alcune caratteristiche del vero amore:

«La carità è paziente, benevola è la carità;
non è invidiosa, non si vanta,
non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto,
non cerca il proprio interesse, non si adira,
non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia
ma si rallegra della verità.
Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1 Cor 13,4-7)
.

Questo si vive e si coltiva nella vita che condividono tutti i giorni gli sposi, tra di loro e con i loro figli. Perciò è prezioso soffermarsi a precisare il senso delle espressioni di questo testo, per tentarne un’applicazione all’esistenza concreta di ogni famiglia.

*****

Pazienza 

La pazienza non è semplicemente “che sopporta ogni cosa”, perché questa idea viene espressa alla fine del v. 7. Il senso si coglie dalla traduzione greca dell’Antico Testamento, dove si afferma che Dio è «lento all’ira» (Es 34,6; Nm 14,18). Si mostra quando la persona non si lascia guidare dagli impulsi e evita di aggredire. È una caratteristica del Dio dell’Alleanza che chiama ad imitarlo anche all’interno della vita familiare. I testi in cui Paolo fa uso di questo termine si devono leggere sullo sfondo del libro della Sapienza (cfr 11,23; 12,2.15-18): nello stesso tempo in cui si loda la moderazione di Dio al fine di dare spazio al pentimento, si insiste sul suo potere che si manifesta quando agisce con misericordia.

La pazienza di Dio è esercizio di misericordia verso il peccatore e manifesta l’autentico potere.

Essere pazienti non significa lasciare che ci maltrattino continuamente, o tollerare aggressioni fisiche, o permettere che ci trattino come oggetti.
Il problema si pone quando pretendiamo che le relazioni siano idilliache o che le persone siano perfette, o quando ci collochiamo al centro e aspettiamo unicamente che si faccia la nostra volontà. Allora tutto ci spazientisce, tutto ci porta a reagire con aggressività.
Se non coltiviamo la pazienza, avremo sempre delle scuse per rispondere con ira, e alla fine diventeremo persone che non sanno convivere, antisociali incapaci di dominare gli impulsi, e la famiglia si trasformerà in un campo di battaglia.
Per questo la Parola di Dio ci esorta: «Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità» (Ef 4,31).

Questa pazienza si rafforza quando riconosco che anche l’altro possiede il diritto a vivere su questa terra insieme a me, così com’è. Non importa se è un fastidio per me, se altera i miei piani, se mi molesta con il suo modo di essere o con le sue idee, se non è in tutto come mi aspettavo.

L’amore comporta sempre un senso di profonda compassione, che porta ad accettare l’altro come parte di questo mondo, anche quando agisce in un modo diverso da quello che io avrei desiderato.

Chiediamoci:

nella mia famiglia, sono paziente, cioè uso misericordia, perdono? Accetto gli altri così come sono?

 

RIFLESSIONE DEL PARROCO

Tra qualche giorno invito a un incontro importante i membri del Gruppo di riferimento parrocchiale, i membri del Consiglio per gli affari economici di ogni parrocchia nella propria chiesa e chi vorrebbe aggiungersi per il bene della comunità.
L’unità fa’ la forza. L’amore la rafforza.
Sono convinto che Dio parla attraverso tutti, vi invito a condividere la vostra conoscenza.
Il ruolo del Parroco è di mettere insieme, di cercare il bene maggiore di ogni comunità. Vi invito a partecipare numerosi.

Don Gabriel

RIFLESSIONE DEL PARROCO

L’essenzialità per un cristiano (2)

La frase di riferimento da cui siamo partiti è tratta da “Il piccolo Principe” di A. de Saint Exupéry «Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore -disse la volpe-. L’essenziale è invisibile agli occhi». Ma cos’è essenziale o così prezioso, da essere anche così invisibile, da dover avere occhi speciali per cercarlo? Il vocabolo “essenzialità” parla di una “essenza”, cioè di ciò che è profumato. Essa ci rimanda alla necessità di interrogarci a fondo, e scoprire cosa dia profumo alla nostra vita (se ancora abbiamo il naso per odorare i profumi veri dai cattivi odori). In una società che ha perso l’essenziale, perché rincorre l’inutile, riabituarci a cercare l’essenzialità non è semplice, bisogna “riaffinare” il gusto delle cose grandi, reimparare la grammatica dell’invisibile e di ciò che è nascosto.
Ricominciare a tacere, a fare silenzio, a pensare, a interrogarci, ad andare a fondo, a cercare nel pozzo del nostro cuore e delle nostre relazioni. Più autenticamente, per un cristiano, l’essenza delle cose o del vivere, la si trova in Dio – e più precisamente nel cuore di Dio- che possiede l’ “idea iniziale” di tutto, perché tutto Egli ha fatto con sapienza e amore.
Reimparare a stare in silenzio è mestiere non facile per chi è abituato al rumore, al caos delle scelte e delle azioni, e prima ancora al disordine mentale. Siamo figli di una società delle tante chiacchiere vane, inutili e stancanti, piene del nulla che esce dai palati, che non hanno il “profumo dell’essenza”, ma che semplicemente sono pronunciate per riempire il tempo o seppellire gli altri sotto la propria arroganza.
Quando non ci sono i tempi del silenzio nella propria vita, non la si apprezza come valore grande. Dice il Salmo 39: “Rivelami, Signore, la mia fine; quale sia la misura dei miei giornisaprò quanto è breve la mia vita” (Sl 39,5). Senza il silenzio, non si apprezza l’essenza, il profumo o la gioia del vivere. Senza il silenzio non si scopre neppure l’essenzialità di un rapporto con Dio, che tutto dona e tutto illumina di senso: “Vedi, in pochi palmi hai misurato i miei giorni e la mia esistenza, davanti a te (l’uomo) è un nulla. Solo un soffio è ogni uomo che vive, … un soffio che si agita, accumula ricchezze e non sa chi le raccolga” (Sl 39,6-7).
Davvero ci conviene riscoprire il silenzio per riscoprire l’essenza, il valore, il profumo, la grandezza della vita, che è già di per sé così breve. “Sto in silenzio, non apro bocca, perché sei tu che agisci(Sl 39, 10.12).
Certo il silenzio può apparire inutile, perché invisibile; ma «L’essenziale è invisibile agli occhi». dD

RIFLESSIONE DEL PARROCO

L’Ascensione ci insegna l’arte della testimonianza.

I discepoli sono ritornati in Galilea, su quel monte che conoscevano bene. “Quando lo videro, si prostrarono” (Matteo 28,16-20). Gesù lascia la terra con un bilancio apparentemente fallimentare: Giuda lo ha tradito; gli Undici sono impauriti e confusi; un piccolo nucleo di donne sono più coraggiose e fedeli. Lo hanno seguito per tre anni sulle strade della Palestina, non hanno capito molto, ma lo hanno amato molto. Questa è la sola garanzia di cui Gesù ha bisogno, che i suoi discepoli lo amino molto. Ora può tornare al Padre, rassicurato di essere amato, anche se non del tutto capito. Adesso, sa che nessuno di quegli uomini e di quelle donne lo dimenticherà.
Essi però dubitarono…”. Gesù compie un atto di enorme fiducia in persone che dubitano ancora. Non rimane ancora un po’ per spiegare meglio il suo messaggio, per chiarire i punti oscuri; ma affida il suo messaggio a gente che dubita ancora; sì, non esiste fede vera senza dubbi. Gesù lo sa, ognuno deve camminare con le sue gambe e approfondire la sua relazione con Cristo. Gesù affida il mondo che ha “sognato” alla fragilità degli Undici, e non all’intelligenza dei primi della classe; affida la Verità a uomini e donne pieni di dubbi, chiama gli apostoli impauriti ad andare fino agli estremi confini della terra. Egli ha fede in noi, più di quanto noi abbiamo fede salda in lui.
A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra… Andate dunque”: sono io quello che vive in voi e vi spinge, vi manda, vi sostiene. “Fate discepoli tutti i popoli…” per contagio, per testimonianza; quasi una pandemia di fede in Gesù, di vita nello spirito, di amore versato. “Io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Sì, Gesù è con noi, sempre; non siamo mai soli.
Questa è la festa dell’Ascensione: Gesù non è andato lontano, in qualche angolo del Cielo, ma è ritornato al Padre, e si è fatto più vicino di prima. Se prima era insieme con i discepoli sulla terra, ora sarà dentro di loro, per sempre. Non è andato al di là delle nubi, ma al di là delle apparenze, per entrare nei cuori e nella storia, attraverso una “pandemia della testimonianza cristiana”. dD

RIFLESSIONE DEL PARROCO

Indicazioni dell’Arcivescovo per tutti, valide fino al 3 aprile 2020: 1-In tutte le parrocchie NELLE CHIESE si possono celebrare le S.S. Messe e vivere gli altri momenti di preghiera per ogni età, tipici della Quaresima (Adorazione e Via Crucis comunitarie, Confessioni e momenti di preghiera personali), purché siano seguite le indicazioni igieniche dettate dal Governo, riguardo la protezione delle persone, in particolare il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale (di almeno un metro).
2-Le persone anziane o affette da determinate patologie, indicate dal Decreto, possono santificare il Giorno del Signore, secondo il precetto domenicale, con un momento di preghiera e assistendo alla S. Messa attraverso i mezzi di comunicazione.
3- Rimangano sospesi gli incontri IN ORATORIO (catechismo o altre attività formative per ragazzi e giovani) fino alla ripresa dell’attività scolastica.
4- Sono sospesi tutti gli altri incontri previsti per genitori o per adulti. 5- Si curi particolarmente la pulizia delle chiese, delle suppellettili e oggetti di uso liturgico.

Inoltre, per la parrocchia di Blessano: Non avendo la chiesa a disposizione, siamo costretti a queste decisioni:
1- Non è possibile celebrare la S. Messa festiva (le domeniche) nella Gleseute di Blessano. Questa decisione vale fino a domenica 29 marzo (compresa).
2- Le intenzioni di S.S. Messe per vivi e defunti, previste per le domeniche 8,15, 22 e 29 marzo saranno celebrate nella chiesa di Vissandone, durante la S. Messa delle ore 10.00.
3- Ogni cristiano in queste domeniche, sceglierà di partecipare alle S. Messe nelle altre parrocchie (secondo il calendario scritto su INSIEME).
4- Le “Via Crucis” (il mercoledì alle ore 18.30) e le S. Messe feriali del venerdì (ore 18.30), vista la modesta affluenza, saranno comunque celebrate nella Gleseute.
5-I funerali saranno celebrati a Variano.
6- Sosteniamo la “Lotteria” il cui ricavato serve per il restauro della chiesa parrocchiale.
Continuiamo a rivolgere a Dio la nostra preghiera personale e comunitaria, per intercessione della Vergine Maria, chiedendo la guarigione dei malati, forza e generosità di cuore per coloro che si dedicano a loro e liberazione dal male per le nostre comunità e per tutta la nostra Italia. dD

RIFLESSIONE DEL PARROCO

La Quaresima 2020 ci ripropone degli interrogativi antichi e fondamentali: cresce la mia fedeltà a Cristo, il mio desiderio di santità? Cresce il mio amore a Gesù e al Vangelo? Cresce il mio impegno cristiano nella Chiesa? Crescono la mia generosità e il mio apostolato cristiano nella mia vita di ogni giorno, nella mia famiglia, nel mio lavoro, fra i miei colleghi? Questo tempo di indifferenza chiede a noi cristiani di lasciarci riscaldare al fuoco dello Spirito Santo, per poi testimoniare la gioia della nostra fede. Nessun cristiano può dare ciò che non ha ricevuto dal Signore!
La Quaresima il periodo di quaranta giorni (Quadragesima) dedicato alla preparazione della Pasqua. “La Chiesa ogni anno si unisce al mistero di Gesù nel deserto con i quaranta giorni della Quaresima” (Catech. Chiesa Catt., 540). Proponendo ai cristiani l’esempio di Cristo con il suo ritiro nel deserto, la Chiesa ci prepara alle celebrazioni pasquali della Passione, morte e risurrezione del Signore.
Il primo gesto che compiamo è di accettare che la Chiesa, nel primo giorno di questo tempo santo, ci imponga le Ceneri sulla testa e ci richiami la necessità di cambiare (conversione) vita, di rientrare in noi stessi (come il Figlio prodigo). Le Ceneri benedette sono per noi un forte richiamo alla serietà di vita; richiamo alla nostra fragilità, bisognosa di essere curata dal Medico divino (Gesù); richiamo al nostro essere terra (humus) umile che ci insegna l’umiltà; richiamo alla vanità del mondo che passa. E il miglior modo di convertirci è dedicare del tempo al silenzio, alla preghiera, alla meditazione della Parola di Dio, all’adorazione eucaristica, al digiuno.
Un secondo aiuto per convertirci è la carità. Le nostre Parrocchie organizzano due iniziative importanti
1) “Domenica del cesto per i poveriSABATO 29 FEBBRAIO e DOMENICA 1° MARZO. In fondo alla tua chiesa, troverai un cesto dove potrai deporre generi alimentari (pasta, olio, pelati, biscotti, marmellata, riso, zucchero, latte a lunga conservazione, tonno e scatolame vario, prodotti prima colazione, detersivi per bucato e stoviglie ecc…) che saranno distribuiti alle famiglie povere delle nostre comunità.
2) Il sostegno ai “Progetti missionari PARROCCHIALI” da mercoledì delle Ceneri a fine maggio.
Carissimi, aiutiamoci insieme a vivere bene la Quaresima, dandoci reciprocamente il buon esempio. dD

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Basiliano, 24 febbraio 2020

Cari cristiani,

in questi giorni, scopriamo improvvisamente di essere fragili. Eppure apparivamo sicuri nelle nostre certezze che vengono dalle grandiose scoperte della scienza e dalla loro applicazione tecnologica; noi, sempre connessi con il mondo attraverso internet, e allo stesso tempo, illusi di poter essere i padroni di tutto, ora siamo messi improvvisamente di fronte alla realtà: l’uomo è debole, fragile ed impotente. Quest’esperienza di restrizioni, impostaci dall’autorità ci vede quasi costretti a interrogarci e ad affidarci a Dio solo.

Allo stesso tempo in questi giorni, come anche nei giorni del terremoto, siamo quasi costretti a ritrovare l’essenzialità della nostra vita e dei rapporti. Chissà che non ritroviamo così i buoni momenti di silenzio, di riflessione, di relazione familiare, di lettura ed ascolto di buona e distensiva musica piena di messaggi di speranza, per stare accanto alle persone che hanno bisogno.

Chissà che nelle nostre case, non ritroviamo un po’ di tempo in più per pregare, per noi stessi, per i nostri familiari, per i malati, per il mondo, per i morti, per i loro cari. Sì, riscoprire la forza della preghiera, così “inutile” quando siamo forti, e così “necessaria” quando ci scopriamo deboli. Preghiamo anche per i medici e gli operatori sanitari; per la Polizia e Esercito, impegnati a custodirci. Preghiamo per chi ci governa affinché sia saggio e prudente.

Non sappiamo cosa accadrà “dopo”; anzi, scopriamo proprio di essere impreparati al futuro. Ma una cosa possiamo fare: cogliere questa occasione per rimettere ordine nella nostra vita, ovvero, con vocabolario cristiano “convertirci”. Come le grandi malattie che hanno segnato la storia dei popoli, anche questa occasione può diventare un’opportunità di conversione. L’uomo senza Dio perde completamente la bussola della propria vita, ma con Dio può ritrovare la gioia di vivere, di amare e sperare. Possiamo di nuovo diventare cercatori di infinito, cercatori di fratelli e di amici, cercatori di relazioni più buone e gratuite.

Cari cristiani, in questi giorni, non possiamo partecipare alle liturgie; forse anche questo digiuno potrà servirci per riscoprirne l’importanza per la nostra vita, specialmente della Liturgia Eucaristica che troppo abbiamo snobbato. Quando entrerete in chiesa, fissate lo sguardo sul Crocifisso-risorto dagli occhi aperti: è vivo e cammina con noi nella nostra storia crocifissa.

Buona Quaresima a tutti, cari cristiani.

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A seguito delle disposizioni dell’Arcivescovo dovute all’emergenza creata dal diffondersi del contagio del Coronavirus, da oggi fino al 1° marzo (compreso):
1- Non si celebreranno nelle parrocchie:
-la Messa del Mercoledì delle Ceneri
-la Messa feriale prevista
-la Messa di sabato 29 febbraio e domenica 1° marzo.
2- La chiesa di Basiliano resterà aperta per la preghiera personale e individuale e, sabato pomeriggio, per le confessioni.
3- Durante la settimana (da martedì a sabato), il Parroco celebrerà la S. Messa alle ore 7.30 nella cappella della canonica a Basiliano, secondo le intenzioni già prefissate, senza la partecipazione del popolo.
Domenica 1° marzo, nella cappella della canonica a Basiliano, celebrerà la S. Messa alle ore 11.00. Tutte le parrocchie suoneranno le tre campane domenica alle 10.30 (una volta), e si uniranno -purtroppo solo spiritualmente- alla celebrazione festiva del Parroco (senza la partecipazione del popolo).
4-In caso di funerali: Non si pregherà in chiesa il S. Rosario. Ci sarà una breve celebrazione della Parola con la benedizione del corpo del defunto, da tenere direttamente in cimitero alla quale parteciperanno le persone più vicine del defunto. La Santa Messa esequiale sarà celebrata successivamente dopo il superamento di questa fase di emergenza.
5- È sospeso il catechismo fino a nuova comunicazione.
6- La Caritas continua le sue attività al centro di ascolto.
7- Invito tutti i parrocchiani ad unirsi spiritualmente al Parroco nella recita serale del S. Rosario per coloro che soffrono e per la nostra conversione.
8- Il Parroco, comunque continua ad essere disponibile per qualsiasi necessità.

Don Dino, vostro Parroco

RIFLESSIONE DEL PARROCO

PER RIDERE O … PER PIANGERE

Ormai, i santi che sono quotati al mercato azionario della società contemporanea sono pochi, famosi e svuotati di ogni dimensione cristiana:
-San Remo, o meglio, o più paganamente, per non disturbare nessuno: “Sanremo”. È il santo più cantato in Italia.
-San Siro, che riempie ogni domenica pomeriggio i nostri salotti.
-San Silvestro, che molto veglia sugli ubriachi dell’ultimo giorno dell’anno.
-San Valentino, che è divenuto patrono degli innamorati. Anche per gli atei e per chi non sa cosa sia l’amore fedele e casto…
-Sant’Ambrogio, che permette ai milanesi un ponte più lungo dopo l’Immacolata.
-San Vittore, che veglia sui carcerati milanesi.
-Santa Lucia, che porta solo doni ai bambini buoni.
-Santa Caterina, a cui è intitolata la famosa “fiera” di Udine, con annesse giostre di divertimento.
E tutti gli altri santi, ricco patrimonio della nostra tradizione di fede cristiana, della nostra cultura religiosa mondiale, che fine hanno fatto? E dei nostri santi patroni d’Italia, di Regione, di cittadine o paesi? Anch’essi, esempi di fedeltà a Cristo, alla Chiesa, al Vangelo, ai poveri, ai propri doveri professionali…
C’è davvero da riflettere miei cari cristiani. Anche perché in Friuli sono fiorite in questi ultimi anni circa 90 “sette” o nuovi gruppi religiosi di varie tendenze (presenti anche sul nostro territorio). Contrariamente al passato, non si teme più di “scherzare con i santi”; semmai si lasciano stare i fanti… In realtà, questo mondo continua ad avere bisogno di Dio, di spiritualità, di interiorità. Solo che gli acquirenti si sono spostati dalle chiese su internet, al mercato facile del “fai da te”, e del “tutto e subito”; senza necessità di Dio, di Cristo o della Chiesa; senza impegnarsi, crescere, interrogarsi o lasciarsi cambiare il cuore o le scelte di vita dalla grazia di Dio.
Così come hanno fatto, invece, i santi di ogni tempo. dD

RIFLESSIONE DEL PARROCO

Non cancelliamo la memoria del male.

Di recente, il Papa ha sottolineato che l’egoismo, la rabbia e la cattiveria «preparano terreni fertili ai particolarismi e ai populismi». Ha denunciato le «barbare recrudescenze di antisemitismo» a pochi giorni dal 75esimo anniversario della liberazione di Auschwitz (27 gennaio). Si è detto preoccupato per «l’aumento, in tante parti del mondo, di un’indifferenza egoista, per cui interessa solo quello che fa comodo a sé stessi. Così si preparano terreni fertili ai particolarismi e ai populismi, che vediamo attorno a noi. Su questi terreni cresce rapido l’odio. Ancora recentemente abbiamo assistito a barbare recrudescenze di antisemitismo. Non mi stanco di condannare fermamente ogni forma di antisemitismo». «Per affrontare il problema alla radice – ha detto Papa Francesco – dobbiamo però impegnarci anche a dissodare il terreno su cui cresce l’odio, seminandovi pace. È infatti attraverso l’integrazione, la ricerca e la comprensione dell’altro che tuteliamo maggiormente noi stessi. Perciò è urgente reintegrare chi è emarginato, tendere la mano a chi è lontano, sostenere chi è scartato perché non ha mezzi e denaro, aiutare chi è vittima di intolleranza e discriminazione».
Papa Francesco, ha invitato a «mantenere viva la memoria dell’Olocausto». «Il consumismo odierno è anche verbale: quante parole inutili, quanto tempo sprecato a contestare e accusare, quante offese urlate, senza curarsi di quel che si dice. Il silenzio, invece, aiuta a custodire la memoria. Se perdiamo la memoria, annientiamo il futuro. L’anniversario dell’indicibile crudeltà che l’umanità scoprì settantacinque anni fa sia un richiamo a fermarci, a stare in silenzio e fare memoria. Se non lo facciamo noi, che crediamo in Colui che, dall’alto dei cieli, si è ricordato di noi e ha preso a cuore le nostre debolezze, chi lo farà?
Accogliamo l’invito del Papa, ricordiamoci del passato e prendiamo a cuore le condizioni di chi soffre: così coltiveremo il terreno della fraternità. Siamo nel 2020 e antisemitismo e fanatismo sono ancora presenti nel cuore delle nostre democrazie. Saremmo negligenti se non esprimessimo la nostra solidarietà a tutte le persone e le comunità, che nelle varie parti del mondo sono oggi in pericolo. Compresi i tanti cristiani perseguitati per la loro fede. dD

RIFLESSIONE DEL PARROCO

DOMENICA DELLA PAROLA DI DIO. Sarà celebrata la III Domenica del Tempo Ordinario, domenica 26 gennaio. Con la Lettera apostolica “Aperuit illis” il Papa ha istituito la Domenica della Parola di Dio. Il titolo prende le mosse da un versetto del Vangelo di san Luca: “Aprì loro la mente per comprendere le Scritture” (Lc 24,45) mentre la decisione di far nascere un appuntamento apposito, scrive Papa Francesco, vuole rispondere alle tante richieste in tal senso maturate dopo il Giubileo straordinario della misericordia.
Il Pontefice stesso aveva invitato a pensare a una «domenica dedicata interamente alla Parola di Dio, per comprendere l’inesauribile ricchezza che proviene da quel dialogo costante di Dio con il suo popolo». Si dirà che in ogni celebrazione domenicale ascoltiamo la Parola ed è vero. Tuttavia nelle intenzioni del Papa dedicarvi un momento apposito, magari accompagnato da gesti particolarmente significativi, vuol essere l’occasione per evidenziare la centralità della Scrittura nella vita del cristiano e della Chiesa. Vuole invitare chi le frequenta poco a leggere e pregare di più le Scritture, sottolinea la necessità di trasformare la conoscenza in vita, chiama i sacerdoti a farne risaltare la ricchezza nelle omelie. Partendo dalla consapevolezza, che come dice san Girolamo: “L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”.

dD