RIFLESSIONE DEL PARROCO

Sante Feste 2019-2020

In questa celebrazione cristiana del Natale del Signore Gesù Cristo, possiate sperimentare la grazia del Suo amore gratuito e totale.
Egli, che ci ama e ci salva, si è fatto uomo per noi nascendo dalla Vergine Maria, e si dona a noi nella sua morte e risurrezione. Accogliamo questo dono rigenerante e diffondiamo la Sua pace anche nell’anno nuovo che ci è dato la grazia di incominciare.

Sac. Dino Bressan

RIFLESSIONE DEL PARROCO

Il Papa San Paolo VI, durante l’Angelus del 21 dicembre del 1969, diede per la prima volta, la benedizione alle statuette del Bambino Gesù e ai presepi: “Ci si riscalda al presepio, come ad un focolare di amore buono e puro, e ci si sente un po’ illuminati su tutti i problemi di questa nostra misteriosa avventura, che è la nostra vita nel tempo, sulla terra. È una bella cosa il presepio, non è vero, figliuoli? Non è vero, voi uomini, che ci rappresentate il mondo del lavoro? Sì, è una bella cosa; e per questo benediremo subito, dalla nostra finestra, le vostre statuette del Bambino Gesù, e poi verremo, giù nella Piazza, a benedire il Presepio” (PAOLO VI, Angelus, 21 dicembre 1969).
Da allora, anche i suoi successori e i parroci, nella terza domenica di Avvento, hanno continuato l’uso di impartire la benedizione su queste immagini sacre che le famiglie e i più piccoli portano in piazza. Lo faremo anche quest’anno domenica 15 dicembre, durante la S. Messa delle ore 10.00 a Variano. dD

RIFLESSIONE DEL PARROCO

Inizia domenica 1 dicembre 2019 l’Avvento, il tempo forte dell’Anno liturgico che prepara al Natale. La prima domenica di Avvento apre il nuovo Anno liturgico. Quattro sono le domeniche di Avvento nel rito romano, mentre nel rito ambrosiano sono sei e infatti l’Avvento è già cominciato domenica 17 novembre.
Si tratta di un tempo che invita ad alzare lo sguardo e ad aprire il cuore per accogliere Gesù. In queste quattro settimane siamo chiamati a uscire da un modo di vivere rassegnato e abitudinario, e ad uscire alimentando speranze, alimentando sogni per un futuro nuovo.
L’Avvento inizia con i primi Vespri della prima domenica di Avvento e termina prima dei primi Vespri di Natale. Il colore dei paramenti liturgici indossati dal sacerdote è il viola. Nella celebrazione eucaristica non viene recitato il Gloriain maniera che esso risuoni più vivo nella Messa della notte per la Natività del Signore. Quest’anno la seconda domenica di Avvento coincide con la solennità dell’Immacolata Concezione l’8 dicembre.
Il termine Avvento deriva dalla parola “venuta”, in latino adventus, vocabolo che si può tradurre con “presenza”, “arrivo”, “venuta”. Nel linguaggio del mondo antico era un termine tecnico utilizzato per indicare l’arrivo di un funzionario, la visita del re o dell’imperatore in una provincia. Ma poteva indicare anche la venuta della divinità, che esce dal suo nascondimento per manifestarsi con potenza, o che viene celebrata presente nel culto.
I cristiani adottarono la parola Avvento per esprimere la loro relazione con Cristo: Gesù è il Re, entrato in questa povera “provincia” denominata terra per rendere visita a tutti; alla festa del suo avvento fa partecipare quanti credono in Lui. Con la parola adventus si intendeva sostanzialmente dire: Dio è qui, non si è ritirato dal mondo, non ci ha lasciati soli. Anche se non lo possiamo vedere e toccare come avviene con le realtà sensibili, Egli è qui e viene a visitarci in molteplici modi.

 

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Siamo peccatori sulla strada della santità…”
(seguito)

Per questo gli Atti degli Apostoli insistono nel ricordare che i primi cristiani si distinguevano per il fatto di avere un cuore solo e un’anima sola. E pure l’apostolo Paolo esortava le sue comunità ad essere “un solo corpo”.
L’esperienza, tuttavia, ci racconta anche di tanti i peccati “contro l’unità della Chiesa”. Non solo i grandi scismi, ma anche piccole e comuni mancanze nelle nostre comunità. “Peccati parrocchiali”, li definisce Papa Francesco. “A volte – osserva infatti – le nostre parrocchie, chiamate ad essere luoghi di condivisione e di comunione, sono tristemente segnate da invidie, gelosie, antipatie…”. Perché “questo è umano, sì, ma non è cristiano!”; succede, cioè, “quando puntiamo ai primi posti; quando mettiamo al centro noi stessi, con le nostre ambizioni personali e i nostri modi di vedere le cose, e giudichiamo gli altri; quando guardiamo ai difetti dei fratelli, invece che alle loro doti; quando diamo più peso a quello che ci divide, invece che a quello che ci accomuna…”. Come nel passato, anche adesso siamo divisi e, pertanto, dobbiamo chiedere l’unità che è quella che Gesù vuole e per cui ha pregato.
Il primo passo è un esame di coscienza: in una comunità cristiana, la divisione è uno dei peccati più gravi, che la rende segno dell’opera del diavolo, colui che separa, che rovina i rapporti, che insinua pregiudizi. Dio, invece, vuole che cresciamo nella capacità di accoglierci, di perdonarci, per assomigliare sempre di più a Lui che è comunione e amore. Allora, impariamo a chiedere perdono per le volte in cui siamo stati occasione di divisione o di incomprensione all’interno delle nostre comunità, ben sapendo che non si giunge alla comunione se non attraverso una continua conversione. Signore, donaci la grazia di non sparlare, di non criticare, di volere a tutti bene, per diventare un riflesso sempre più bello del rapporto tra Gesù e il Padre.

dD

RIFLESSIONE DEL PARROCO

Si avvicina la Solennità di Tutti i Santi (1° novembre), in cui contempliamo i testimoni della fede e dell’amore, che ora godono della gioia celeste nella visione e nell’abbraccio definitivo di Dio: il Paradiso. Guardare ai Santi ci aiuta e ci fa sentire bene e parte della “Comunione dei Santi”, uno dei punti fermi della nostra fede cattolica. In comunione con i Santi, testimoni di Gesù, per i cui meriti noi pellegrini sulla terra, possiamo chiedere Loro un aiuto, un’intercessione, una mano per vivere oggi da cristiani, e domani godere come loro del Paradiso.
Aiutiamo i nostri figli a prepararsi bene a questa festa cristiana, senza trasformarla in un’ennesima carnevalata commerciale, per gente sempre più vuota come le zucche, inaridita dal nulla, senza senso e senza perché.
Viviamo bene anche i giorni per il ricordo dei nostri morti. In particolare, il 2 novembre e i giorni successivi fino all’8 novembre (Ottavario). Preghiamo per i morti e partecipiamo alle S. Messe per i defunti; non accontentiamoci di fiori e lumini, ma riempiamo di fede e di speranza cristiana le nostre visite ai cimiteri dei nostri paesi.
Nei cimiteri a tutti, raccomando devozione, silenzio e rispetto. Non sono dei parchi commerciali, ma luogo di dolore e di pace… dD

RIFLESSIONE DEL PARROCO

Con la partenza di don Achille dalle nostre comunità, il Parroco è stato privato di un grande aiuto pastorale! Assieme a don Roberto Nali, ora dovremo gestire le celebrazioni delle S. Messe feriali (durante la settimana) e quelle festive. Resta, infatti, un dovere primario dei sacri pastori dover provvedere alla cura delle Celebrazioni eucaristiche e sacramentali, in ognuna delle sette comunità cristiane.
Si tratta attualmente di dieci S. Messe festive tra il sabato e la domenica. L’aiuto fin qui avuto per servire le nostre parrocchie, da parte di sacerdoti amici sta esaurendosi, non perché è cessata l’amicizia con questi sacerdoti, ma perché è aumentato il bisogno di sostenere altre situazioni di emergenza pastorale nella nostra amplissima Arcidiocesi di Udine. Anche i sacerdoti invecchiano, si ammalano e, grazie a Dio, ritornano al Padre. Vi conviene pregare per noi preti se avete a cuore la fede cristiana!
A breve, convocherò pertanto i Collaboratori pastorali per una riflessione sulla questione, in modo da dare avvio ai nuovi orari delle S. Messe, che prevedibilmente, dovranno necessariamente entrare in vigore da metà novembre.
Se è dovere dei sacri pastori fare i “salti mortali” perché i fedeli abbiano la celebrazione della S. Messa in ciascuna comunità cristiana, è altrettanto vero che è un dovere di ogni cristiano serio, partecipare e non trascurare la Celebrazione dell’Eucaristia che è «fonte e vertice della vita cristiana». Purtroppo, tale partecipazione è sentita come un’opportunità tra le tante, e soprattutto non come un tempo di nutrimento spirituale, sacramentale e comunitario, ma come una “cosa da fare” quando non si hanno altri impegni.
Insomma, Dio, viene come ultimo … in barba al terzo Comandamento!

dD

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Interiorità in crisi (10)

«L’uomo interiore – dice il Libro dell’Imitazione di Cristo – si raccoglie spontaneamente perché non si disperde mai del tutto nelle cose esterne. A lui non è di pregiudizio l’attività esterna e le occupazioni a suo tempo necessarie, ma sa adattarsi alle circostanze» (cap. 2°). Come fare, concretamente, per ritrovare e conservare l’abitudine all’interiorità. Mosè era un uomo attivissimo. Ma si legge che si era fatto costruire una tenda portatile e a ogni tappa dell’esodo issava la tenda fuori dell’accampamento e regolarmente entrava in essa per consultare il Signore. Li, il Signore parlava con Mosè «faccia a faccia, come un uomo parla con un altro» (Esodo 33, 11). Ma anche questo non sempre si può fare. Non sempre ci si può ritirare in una cappella o in un luogo solitario per ritrovare il contatto con Dio. San Francesco d’Assisi suggerisce perciò un altro accorgimento più a portata di mano. Mandando i suoi frati per le strade del mondo, diceva: Noi abbiamo un eremitaggio sempre con noi dovunque andiamo e ogni volta che lo vogliamo possiamo, come eremiti, rientrare in questo cremo. «Fratello corpo è l’eremo e l’anima l’eremita che vi abita dentro per pregare Dio e meditare» (Fonti Francescane, 1636). Francesco riprende così, in forma tutta sua, l’antica e tradizionale idea della cella interiore che ognuno porta con sé, anche andando per strada, e in cui è sempre possibile ritirarsi con il pensiero, per riannodare un contatto vivo con la Verità che abita in noi.
Maria è l’immagine plastica dell’interiorità cristiana. Ella che per nove mesi ha portato, anche fisicamente, il Salvatore ci ottenga di fare Pasqua: passare dall’esteriorità all’interiorità, dal chiasso al silenzio, dalla dissipazione al raccoglimento, dalla dispersione all’unità, dal mondo a Dio.

  dD

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Interiorità in crisi (8)

C’è una solita e frequente obiezione con il ritorno alla interiorità: Dio lo si trova fuori, nei fratelli, nei poveri, nella lotta per la giustizia; lo si trova nell’Eucaristia che è fuori di noi, nella parola di Dio… Tutto vero. Ma dove è che «incontri» veramente il fratello e il povero, se non nel tuo cuore? Se lo incontri solo fuori, non è un io, una persona che incontri, ma una cosa; lo urti più che incontrarlo. Dov’è che incontri il Gesù dell’Eucaristia se non nella fede, cioè dentro di te? Un vero incontro tra persone non può avvenire che tra due coscienze, due li­bertà, cioè tra due interiorità.
Si obbietta anche che secondo la psicologia moderna ci sono due categorie di persone, due tipi umani di­versi: l’introverso e l’estroverso. Il primo trova Dio den­tro di sé, il secondo fuori, nel cosmo o negli altri. Esiste senza dubbio questa differenziazione e lo constatiamo noi stessi nell’esperienza quotidiana. Ma tale diversità non può essere applicata così meccanicamente alla sfera spirituale. Quando si tratta di Dio, scatta una conse­guenza particolare: Dio è Spirito! Come dunque lo tro­verai fuori, nel cosmo, se non rientrando in te, aprendo l’occhio interiore della fede? Anche contemplando il co­smo e andando verso gli altri, ci deve essere ‑ anche se in misura e in modo diversi da un caso all’altro ‑ un’a­bitudine all’interiorità. Se no, fuori, nel cosmo, e nelle Creature belle, non si vede più Dio. Ci si può gettare sulle creature ed essere da esse portate lontane da Dio, co­me ci ricorda sant’Agostino. Uno può esse­re un tipo introverso e trovare difficoltà nei rapporti con gli altri e nell’andare verso il prossimo, ma non per que­sto è scusato dall’agire, dal compiere i suoi doveri ester­ni. Lo stesso vale per l’estroverso nei confronti dell’inte­riorità.
È errato del resto pensare che l’insistenza sull’inte­riorità possa nuocere all’impegno fattivo per il regno di Dio e per la giustizia; L’interiorità non si oppone all’azione, ma a un certo modo di fare l’azione. Lungi dal diminuire l’importanza dell’agire per Dio, l’interiorità la fonda e la preserva.

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Interiorità, un valore in crisi (5)

San Paolo che aveva parlato del Cristo che abita per fede nei nostri cuori (cf Efesini 3, 17) conosceva bene il filosofo Plotino e le differenze tra il paganesimo e il cristianesimo. Per Plotino il rientrare in sé stessi è un processo di ascesa verso l’unità. Somiglia al movimento dei raggi che, procedendo dalla circonferenza verso il centro, si raccolgono via via e convergono. Ma cosa si trova al centro, per questa via? Un semplice punto, omogeneo con il resto, cioè l’Uno.
Cosa si trova invece per san Paolo e sant’Agosti­no arrivati al centro, al cuore? Non un punto o un’im­personale unità, ma una persona un «tu»: Gesù Cristo. Dall’interiorità pagana a quella cristiana il salto è infini­to. Quest’ultima è stata definita giustamente una «inte­riorità oggettiva». L’uomo rientrando in sé non trova so­lo sé stesso, il suo io, ma trova l’Altro per eccellenza che è Dio. L’interiorità cristiana non è una forma di sogget­tivismo, ma è il rimedio al soggettivismo.
E la festa che più dice questo salto è la Pasqua: essa è il passaggio da fuori a den­tro di sé. Certo la Pasqua vera e ultima non consiste nel rientrare in sé stessi, ma nell’uscire da se stessi; non nel trovarsi ma nel perdersi, nel rinnegarsi. Giunto al ter­mine del suo Itinerario dell’anima a Dio, san Bonaventu­ra affermava che la nostra mente deve passare oltre, non solo da questo mondo visibile, ma anche da se stes­sa; e Cristo è la via e la porta, la scala e il veicolo. Ma bisogna pure rientrare in se stessi per trasc­endere se stessi. Lo stesso san Bonaventura lo illustra con l’esempio del tempio di Salomone. Per entrare nel «Santo dei Santi», bisognava varcare prima la soglia esterna del tempio ed entrare nel «Santo». Solo da qui infatti, cioè dall’interno, si poteva accedere al Santo dei Santi, al cospetto di Dio. Solo al termine di questo cam­mino si celebra la vera Pasqua morale o mistica. Essa ha luogo ‑ dice san Bonaventura ‑ quando uno, rivolgen­dosi a Cristo sospeso sulla croce, con fede, speranza e carità, fa con lui la Pasqua, cioè il passaggio, passa il Mar Rosso entra nel deserto, gusta la manna segreta e riposa con Cristo nella tomba morto alle cose esteriori.

RIFLESSIONE DEL PARROCO

Nell’occasione della

FESTA DI SAN GIOVANNI BATTISTA, PATRONO DI VARIANO e del RITO DI INTITOLAZIONE DEL DUOMO
svoltasi Domenica 30 giugno 2019
e della PRESENTAZIONE DEL LIBRO SULL’ARCHIVIO DELLA PIEVE
svoltasi Venerdì 28 giugno 2019
Sento il bisogno di ringraziare pubblicamente S.E. Mons. Andrea Bruno Mazzocato, nostro Arcivescovo e tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questi eventi di grazia per la comunità varianese.

In primo luogo, ringrazio don Roberto Nali, Cappellano di Variano, che serve questa comunità, e gli altri Sacerdoti collaboratori e le nostre Suore.
I Rappresentanti di Variano nel Consiglio Pastorale e Il Consiglio per gli Affari economici della Parrocchia.
Il Consiglio Direttivo, le insegnanti, la cuoca, il personale volontario e i genitori della Scuola dell’Infanzia San Giuseppe di Variano.
Il Sindaco, i Consiglieri e l’Amministrazione Comunale di Basiliano; la Polizia locale, e i volontari dell’Associazione Carabinieri in congedo di Basiliano.
la Sovrintendenza archivistica regionale; la Dott.ssa Enrica Capitanio; Alda Mattiussi.
Il “Gruppo Alpini” di Variano, la “Pro Loco” di Variano, l’AFDS, e le Associazioni che silenziosamente hanno collaborato. Le Corali “Varianese” di Variano, “Santo Stefano” di Blessano, “G. Petris” di Vissandone; Le Cantorìe di Basiliano, di Basagliapenta, di Orgnano, di Villaorba con i rispettivi Direttori, Presidenti e organisti.
La Famiglia Gianni e Ivana Merlino per la generosa offerta donata per il ricupero delle suppellettili liturgiche del Duomo; Il gruppo di signore che hanno realizzato l’arco di trionfo; le persone che hanno abbellito e pulito il duomo, il cortile, la canonica, le suppellettili liturgiche; i sagrestani;  i signori Renato Micelli e Davide Pontarini;  Gianna Zuccato e Tatiana L’Astorina che hanno confezionato gli Stendardi; il Gruppo degli Scampanotadors.
Per la realizzazione del pranzo comunitario, in favore della Scuola dell’Infanzia San Giuseppe: Il Bar “Cooperativa” e gli Alimentari “Di tutto un po’ ”, per la collaborazione data alla raccolta delle adesioni al pranzo.
Gli sponsors, che sempre sostengono la Scuola dell’Infanzia San Giuseppe: Bar “Barbefrà” di Variano, Supermercato da Bilo di Blessano, Oreficeria Mattiussi di Basiliano, “Pizza d’oro” di Basiliano, “Dalisa Parrucchiera” di Bressa, Bar “Anime” di Variano, Bar “Cooperativa” di Variano, Alimentari “di tutto un po’ ” di Variano, “Salone Rosanna” di Basiliano, Az. Agr. Agrisiamon di Blessano, Pizzeria “Pizzicotto” di Variano.

e tutti i silenziosi e umili Collaboratori.

Don Dino, parroco.