INSIEME N°41-42/2024

S.s. Messe e Celebrazioni
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DOMENICA 15: III DOMENICA D’AVVENTO
Ore 9:30 S. Messa a Mereto di Tomba
S. Messa a Tomba
S. Messa a Plasencis
Ore 11:00 S. Messa a Pantianicco
S. Messa a San Marco (con tutti i ragazzi del catechismo)

Inizia oggi la novena di preparazione al Natale. Si eseguirà il canto
del missus in tutte le chiese subito dopo la celebrazione eucaristica.

LUNEDÌ 16: Messa della feria, (viola)
Ore 18.00: S. Messa con il canto del missus a Mereto di Tomba

MARTEDÌ 17: Messa della feria, (viola)
Ore 10.00: S. Messa a Mereto di Tomba
Ore 18.00: S. Messa con il canto del missus a Tomba

MERCOLEDÌ 18: Messa della feria, (viola)
Ore 18.00: S. Messa con il canto del missus a San Marco

GIOVEDÌ 19: Messa della feria, (viola)
Ore 10.00: S. Messa a Mereto di Tomba
Ore 18.00: S. Messa con il canto del missus a Plasencis

VENERDÌ 20: Messa della feria, (viola)
Ore 18.00: S. Messa con il canto del missus a Pantianicco

SABATO 21: Messa della feria, (viola)
Ore 18:30: S. Messa festiva della vigilia a Mereto di Tomba (con tutti
i ragazzi del catechismo); accoglienza luce di Betlemme

DOMENICA 22: IV DOMENICA D’AVVENTO
Ci sarà la benedizione delle statuine di Gesù Bambino in tutte le chiese
Ore 9:30 S. Messa a Mereto di Tomba
S. Messa a Tomba
S. Messa a Plasencis
Ore 11:00 S. Messa a Pantianicco
S. Messa a San Marco

LUNEDI 23: Messa della feria, (viola)
Ore 18.00: S. Messa a Mereto di Tomba

MARTEDÌ 24: Vigilia di Natale
Ore 23.00: S. Messa solenne a Plasencis

MERCOLEDÌ 25: Natale del Signore
Ore 9.30: S. Messa a Mereto di Tomba
S. Messa a Plasencis
Ore 11.00: S. Messa a Pantianicco
S. Messa a Tomba
S. Messa a San Marco

GIOVEDÌ 26: S. Stefano, primo martire
Ore 10.30: S. Messa a San Marco (unica Messa per tutta la zona
pastorale)

VENERDÌ 27: S. Giovanni, apostolo ed evangelista
Ore 18.00: S. Messa a Pantianicco

SABATO 28: Ss. Innocenti, martiri
Ore 18.30: S. Messa festiva della vigilia a Mereto di Tomba

DOMENICA 29: Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe
Ore 9.30: S. Messa a Tomba
S. Messa a Plasencis
Ore 11.00: S. Messa a Pantianicco
S. Messa a Mereto di Tomba
S. Messa a San Marco
Ore 16.00 in Cattedrale a Udine: L’Arcivescovo presiede la S. Messa
che inizierà con il rito di apertura dell’anno giubilare.

III domenica di Avvento

Vivere con il cuore nella gioia
In questa terza domenica di Avvento la liturgia ci invita alla gioia. Sentite bene: alla gioia. Il profeta Sofonia si rivolge con queste parole alla piccola porzione del popolo di Israele: «Rallegrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Ge­rusalemme!» (3,14). Gridare di gioia, esultare, rallegrarsi: questo è l’invito di questa domenica. Gli abitanti della città santa sono chiamati a gioire perché il Signore ha revocato la sua condanna (cfr v. 15). Dio ha perdonato, non ha voluto punire! Di conseguenza per il popolo non c’è più motivo di tristezza, non c’è più motivo di sconforto, ma tutto porta a una gratitudine gioiosa verso Dio, che vuole sempre riscattare e salvare coloro che ama. E l’amore del Signore per il suo popolo è incessante, paragonabile alla tenerezza del padre per i figli, dello sposo per la sposa, come dice ancora Sofonia: «Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia» (v. 17). Questa è — così si chiama — la domenica della gioia: la terza domenica dell’Avvento, prima del Natale.
Questo appello del profeta è particolarmente appropriato nel tempo in cui ci prepariamo al Natale, perché si applica a Gesù, l’Emmanuele, il Dio-con-noi: la sua presenza è la sorgente della gioia. Infatti Sofonia proclama: «Re d’Israele è il Signore in mezzo a te»; e poco dopo ripete: «Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente» (vv. 15.17). Questo messaggio trova il suo pieno significato nel momento dell’annunciazione a Maria, narrata dall’evangelista Luca. Le parole rivolte dall’ange­lo Gabriele alla Vergine sono come un’eco di quelle del profeta. Cosa dice l’arcangelo Gabriele? «Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,28). “Rallegrati”, dice alla Madonna. In un borgo sperduto della Galilea, nel cuore di una giovane donna ignota al mondo, Dio accende la scintilla della felicità per il mondo intero. E oggi lo stesso annuncio è rivolto alla Chiesa, chiamata ad accogliere il Vangelo perché diventi carne, vita concreta. Dice alla Chiesa, a tutti noi: “Rallegrati, piccola comunità cristiana, povera e umile ma bella ai miei occhi perché desideri ardentemente il mio Regno, hai fame e sete di giustizia, tessi con pazienza trame di pace, non insegui i potenti di turno ma rimani fedelmente accanto ai poveri. E così non hai paura di nulla ma il tuo cuore è nella gioia”. Se noi viviamo così, alla presenza del Signore, il nostro cuore sempre sarà nella gioia. La gioia “di alto livello”, quando c’è, piena, e la gioia umile di tutti i giorni, cioè la pace. La pace è la gioia più piccola, ma è gioia.
Anche san Paolo oggi ci esorta a non angustiarci, a non disperare per nulla, ma in ogni circostanza far presenti a Dio le nostre richieste, le nostre necessità, le no­stre preoccupazioni «con preghiere e suppliche» (Fil 4,6). La consapevolezza che nelle difficoltà possiamo sempre rivolgerci al Signore, e che Egli non respinge mai le nostre invocazioni, è un grande motivo di gioia. Nessuna preoccupazione, nessuna paura riuscirà mai a toglierci la serenità che viene non da cose umane, dalle consolazioni umane, no, la serenità che viene da Dio, dal sapere che Dio guida amorevolmente la nostra vita, e lo fa sempre. Anche in mezzo ai problemi e alle sofferenze, questa cer­tezza alimenta la speranza e il coraggio. Ma per accogliere l’invito del Signore alla gioia, occorre essere persone disposte a mettersi in discussione. Cosa significa questo?
Proprio come coloro che, dopo aver ascoltato la predicazione di Giovanni il Battista, gli chiedono: tu predichi così, e noi, «che cosa dobbiamo fare?» (Lc 3,10). Io cosa devo fare? Questa domanda è il primo passo per la conversione che siamo invitati a compiere in questo tempo di Avvento. Ognuno di noi si domandi: cosa devo fare? Una cosa piccolina, ma “cosa devo fare?”. E la Vergine Maria, che è nostra madre, ci aiuti ad aprire il nostro cuore al Dio-che-viene, perché Egli inondi di gioia tutta la nostra vita.

INCONTRI PARROCCHIALI

– VARIANO: Domenica 22 dicembre, alle ore 17.00, Concerto con il coro della Corale Varianese e Obba Oboe Band.

– BASILIANO: Mercoledì 25 dicembre, alle ore 18.00, Vespri solenni di Natale.

– ZONA PASTORALE DI BASILIANO: Giovedì 26 dicembre,  a Blessano, alle ore 10.00, S. Messa patronale. Alle 18.00, Concerto Soul Music & Gospel.

– BASILIANO: Sabato 28 dicembre, alle ore 20.30, Concerto con il coro della Cattedrale.

INSIEME N°51/2024

S.s. Messe e Celebrazioni
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DOMENICA 15: II AVVENTO “Gaudete”, solennità, viola o rosaceo
A Basiliano: ore 7.30, Canto delle Lodi mattutine.
SS. Messe Festive: ore 9.00, a Orgnano; ore 10.00, a Basiliano e Blessano; ore 11.15, a Variano, Villaorba e Vissandone.

LUNEDÌ 16: S. Messa della Feria, viola
A Basiliano: ore 7.00, Lodi mattutine; ore 7.30, S. Messa.
S.Messa serale: ore 18.30, a Variano.

MARTEDÌ 17: Messa della Feria, viola
A Basiliano: ore 7.00, Lodi mattutine; ore 7.30, S. Messa.
S.Messa serale: ore 18.30, a Basagliapenta.

MERCOLEDÌ 18: Messa della Feria, viola
A Basiliano: ore 7.30, Lodi mattutine.
S.Messa serale: ore 18.30, a Orgnano e Villaorba.

GIOVEDÌ 19: Messa della Feria, viola
A Basiliano: ore 7.00, Lodi mattutine; ore 7.30, S. Messa.
S.Messa serale: ore 18.30, a Vissandone.

VENERDÌ 20: Messa della Feria, viola
A Basiliano: ore 7.00, Lodi mattutine; ore 7.30, S. Messa.
S.Messa serale: ore 18.30, a Blessano.

SABATO 21: Messa della Feria, viola
A Basiliano: ore 7.00, Lodi mattutine; ore 7.30, S. Messa.
S.Messe prefestive: ore 17.30, a Basagliapenta; ore 18.30, a Basiliano.

DOMENICA 22: IV AVVENTO, viola
A Basiliano: ore 7.30, Canto delle Lodi mattutine.
SS. Messe Festive: ore 9.00, a Orgnano; ore 10.00, a Basiliano e Blessano; ore 11.15, a Variano, Villaorba e Vissandone.

IMMACOLATA CONCEZIONE

Fidandosi di Dio
La Parola di Dio oggi ci presenta un’alternativa. Nella prima Lettura c’è l’uomo che alle origini dice no a Dio, e nel Vangelo c’è Maria che all’annunciazione dice sì a Dio. In entrambe le Letture è Dio che cerca l’uomo. Ma nel primo caso va da Adamo, dopo il peccato, gli chiede: «Dove sei?» (Gen 3,9), ed egli risponde: «Mi sono na­scosto» (v. 10). Nel secondo caso, invece, va da Maria, senza peccato, che risponde: «Ecco la serva del Signore» (Lc 1,38). Eccomi è il contrario di mi sono nascosto. L’ ecco­mi apre a Dio, mentre il peccato chiude, isola, fa rimanere soli con sé stessi.
Eccomi è la parola-chiave della vita. Segna il passaggio da una vita orizzontale, centrata su di sé e sui propri bisogni, a una vita verticale, slanciata verso Dio. Eccomi è essere disponibili al Signore, è la cura per l’egoismo, è l’antidoto a una vita insoddisfatta, a cui manca sempre qualcosa. Eccomi è il rimedio contro l’invecchiamento del peccato, è la terapia per restare giovani dentro. Eccomi è credere che Dio conta più del mio io. È scegliere di scommettere sul Signore, docili alle sue sorprese. Perciò dirgli eccomi è la lode più grande che possiamo offrirgli. Perché non iniziare così le giornate, con un “eccomi, Signore”? Sarebbe bello dire ogni mattina: “Eccomi, Signore, oggi si compia in me la tua volontà”. Lo diremo nella preghiera dell’Angelus, ma possiamo ripeterlo già ora, insieme: Eccomi, Signore, oggi si compia in me la tua volontà!
Maria aggiunge: «Avvenga per me secondo la tua parola». Non dice: “Avvenga secondo me”, ma “secondo Te”. Non pone limiti a Dio. Non pensa: “Mi dedico un po’ a Lui, mi sbrigo e poi faccio quel che voglio”. No, Maria non ama il Signore quando le va, a singhiozzo. Vive fidandosi di Dio in tutto e per tutto. Ecco il segreto della vita. Può tutto chi si fida di Dio in tutto. Il Signore però, cari fratelli e sorelle, soffre quando gli rispondiamo come Adamo: “Ho paura e mi sono nascosto”. Dio è Padre, il più tenero dei padri, e desidera la fiducia dei figli. Quante volte invece sospettiamo di Lui, sospettiamo di Dio! Pen­siamo che possa mandarci qualche prova, privarci della libertà, abbandonarci. Ma questo è un grande inganno, è la tentazione delle origini, la tentazione del diavolo: insinuare la sfiducia in Dio. Maria vince questa prima tentazione col suo eccomi. E oggi guardiamo alla bellezza della Madonna, nata e vissuta senza peccato, sempre docile e trasparente a Dio.
Ciò non vuol dire che per lei la vita sia stata facile, no. Stare con Dio non risolve magicamente i problemi. Lo ricorda la conclusione del Vangelo di oggi: «L’angelo si allontanò da lei» (v. 38). Si allontanò: è un verbo forte. L’angelo lascia la Vergine sola in una situazione difficile. Lei conosceva in che modo particolare sarebbe diventata Madre di Dio — lo aveva detto l’angelo —, ma l’angelo non l’aveva spiegato agli altri, solo a lei. E i problemi iniziaro­no subito: pensiamo alla situazione irregolare secondo la legge, al tormento di san Giuseppe, ai piani di vita saltati, a che cosa avrebbe detto la gente… Ma Maria mette la fiducia in Dio davanti ai problemi. È lasciata dall’angelo, ma crede che con lei, in lei, è rimasto Dio. E si fida. Si fida di Dio. È certa che col Signore, anche se in modo inatteso, tutto andrà bene. Ecco l’atteggiamento sapiente: non vivere dipendendo dai problemi ma fidandosi di Dio e affidandosi ogni giorno a Lui: eccomi! “Eccomi” è la parola. “Eccomi” è la preghiera. Chiediamo all’Immacolata la grazia di vivere così.

I domenica di Avvento

Apriamo il cuore per accogliere Gesù
Oggi inizia l’Avvento, il tempo liturgico che ci prepara al Natale, invitandoci ad alzare lo sguardo e ad aprire il cuore per accogliere Gesù. In Avvento non viviamo solo l’attesa del Natale; veniamo invitati anche a risvegliare l’attesa del ritorno glorioso di Cristo — quando alla fine dei tempi tornerà —, preparandoci all’incontro finale con Lui con scelte coerenti e coraggiose. In queste quattro settimane siamo chiamati a uscire da un modo di vivere rassegnato e abitudinario, e ad uscire alimentando speranze, alimentando sogni per un futuro nuovo. Il Vangelo di questa domenica va proprio in tale direzione e ci mette in guardia dal lasciarci opprimere da uno stile di vita egocentrico o dai ritmi convulsi delle giornate. Ri­suonano particolarmente incisive le parole di Gesù: «State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso. […] Vegliate in ogni momento pregando».
Stare svegli e pregare: ecco come vivere questo tempo da oggi fino a Natale. Stare svegli e pregare. Il sonno interiore nasce dal girare sempre attorno a noi stessi e dal restare bloccati nel chiuso della propria vita coi suoi problemi, le sue gioie e i suoi dolori, ma sempre girare in­torno a noi stessi. E questo stanca, questo annoia, questo chiude alla speranza. Si trova qui la radice del torpore e della pigrizia di cui parla il Vangelo. L’Avvento ci invita a un impegno di vigilanza guardando fuori da noi stessi, allargando la mente e il cuore per aprirci alle necessità della gente, dei fratelli, al desiderio di un mondo nuovo. È il desiderio di tanti popoli martoriati dalla fame, dall’in­giustizia, dalla guerra; è il desiderio dei poveri, dei deboli, degli abbandonati. Questo tempo è opportuno per aprire il nostro cuore, per farci domande concrete su come e per chi spendiamo la nostra vita.
Il secondo atteggiamento per vivere bene il tempo dell’attesa del Signore è quello della preghiera. «Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina» (v. 28), ammonisce il Vangelo di Luca. Si tratta di alzarsi e pregare, rivolgendo i nostri pensieri e il nostro cuore a Gesù che sta per venire. Ci si alza quando si attende qualcosa o qualcuno. Noi attendiamo Gesù, lo vogliamo attendere nella preghiera, che è strettamente legata alla vigilanza. Pregare, attendere Gesù, aprirsi agli altri, essere svegli, non chiusi in noi stessi. Ma se noi pensiamo al Natale in un clima di consumismo, di vedere cosa posso comprare per fare questo e quest’altro, di festa mondana, Gesù passerà e non lo troveremo. Noi attendiamo Gesù e lo vogliamo attendere nella preghiera, che è strettamen­te legata alla vigilanza.
Ma qual è l’orizzonte della nostra attesa orante? Ce lo indicano nella Bibbia soprattutto le voci dei profeti. Oggi è quella di Geremia, che parla al popolo duramente provato dall’esilio e che rischia di smarrire la propria identità. Anche noi cristiani, che pure siamo popolo di Dio, rischiamo di mondanizzarci e di perdere la nostra identità, anzi, di “paganizzare” lo stile cristiano. Perciò abbiamo bisogno della Parola di Dio che attraverso il profeta ci annuncia: «Ecco, verranno giorni nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto […]. Farò germogliare per Davide un germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra». È quel germoglio giusto è Gesù, è Gesù che viene e che noi attendiamo.
La Vergine Maria, che ci porta Gesù, donna dell’attesa e della preghiera, ci aiuti a rafforzare la nostra speranza nelle promesse del suo Figlio Gesù, per farci sperimentare che, attraverso il travaglio della storia, Dio resta sempre fedele e si serve anche degli errori umani per manifestare la sua misericordia.

                                                Papa Francesco

 

Gesù Cristo re dell’universo

Il potere dei segni
Il Vangelo della liturgia di oggi, ultima domenica dell’Anno Liturgico, culmina in un’affermazione di Gesù, che dice: «Io sono re» (Gv 18,37). Egli pronuncia queste parole davanti a Pilato, mentre la folla grida di condannarlo a morte. Lui dice: «Io sono re», e la folla grida di condannarlo a morte: bel contrasto! È giunta l’ora cruciale. In precedenza, sembra che Gesù non volesse che la gente lo acclamasse come re: ricordiamo quella volta dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, quando si era ritirato da solo a pregare (cfr. Gv 6,14-15).
Il fatto è che la regalità di Gesù è ben diversa da quella mondana. «Il mio regno — dice a Pilato — non è di questo mondo» (Gv 18,36). Egli non viene per dominare, ma per servire. Non arriva con i segni del potere, ma con il potere dei segni. Non è rivestito di insegne preziose, ma sta spoglio sulla croce. Ed è proprio nell’iscrizione posta sulla croce che Gesù viene definito «re» (cfr. Gv 19,19). La sua regalità è davvero al di là dei parametri umani! Po­tremmo dire che non è re come gli altri, ma è re per gli altri. Ripensiamo a questo: Cristo, davanti a Pilato, dice di essere re nel momento in cui la folla è contro di Lui, mentre quando lo seguiva e lo acclamava aveva preso le distanze da questa acclamazione. Gesù si dimostra, cioè, sovranamente libero dal desiderio della fama e della gloria terrena. E noi — chiediamoci — sappiamo imitarlo in questo? Sappiamo governare la nostra tendenza a essere continuamente cercati e approvati, oppure facciamo tutto per essere stimati da parte degli altri? In quello che facciamo, in particolare nel nostro impegno cristiano, mi domando: cosa conta? Contano gli applausi o conta il servizio?
Gesù non soltanto rifugge da ogni ricerca di grandezza terrena, ma rende anche libero e sovrano il cuore di chi lo segue. Egli, cari fratelli e sorelle, ci libera dalla sudditanza del male. Il suo regno è liberante, non ha nulla di opprimente. Egli tratta ogni discepolo da amico, non da suddito. Cristo, pur essendo al di sopra di tutti i so­vrani, non traccia linee di separazione tra sé e gli altri; desidera invece fratelli con cui condividere la sua gioia (cfr. Gv 15,11). Seguendolo non si perde, non si perde nulla, ma si acquista dignità. Perché Cristo non vuole at­torno a sé servilismo, ma gente libera. E — chiediamoci ora — da dove nasce la libertà di Gesù? Lo scopriamo tor­nando alla sua affermazione di fronte a Pilato: «Io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità» (Gv 18,37).
La libertà di Gesù viene dalla verità. È la sua verità che ci fa liberi (cfr. Gv 8,32). Ma la verità di Gesù non è un’idea, qualcosa di astratto: la verità di Gesù è una realtà, è Lui stesso che fa la verità dentro di noi, ci libera dalle finzioni, dalle falsità che abbiamo dentro, dal doppio linguaggio. Stando con Gesù, diventiamo cristiano non è una recita dove si può indossare la maschera che più conviene. Perché quando Gesù regna nel cuore, lo libera dall’ipocrisia, lo libera dai sotterfugi, dalle doppiezze. La miglior prova che Cristo è il nostro re è il distacco da ciò che inquina la vita, rendendola ambigua, opaca, triste. Quando la vita è ambigua, un po’ di qua, un po’ di là, è triste, è molto triste. Certo, con i limiti e i difetti dobbiamo sempre fare i conti: tutti siamo peccatori.
Ma, quando si vive sotto la signoria di Gesù, non si diventa corrotti, non si diventa falsi, inclini a coprire la verità. Non si fa doppia vita. Ricordate bene: peccatori sì, siamo tutti, corrotti, mai! Peccatori sì, corrotti mai. Ci aiuti la Madonna a cercare ogni giorno la verità di Gesù, re dell’universo, che ci libera dalle schiavitù terrene e ci insegna a governare i nostri vizi.

Papa Francesco

 

VENDITA LIBRI

Da sabato 30 novembre fino a sabato 21 dicembre 2024, in tutte le S. Messe prefestive, delle ore 18.30 a Basiliano, in fondo alla Chiesa, sarà allestito un banchetto con dei libri per bambini, offerti dalla Libreria Paoline di Udine.
Il ricavato sarà devoluto alle missioni delle Suore Dimesse nello Stato Tamil Nadul (India) che gestiscono un dispensario, un centro di cucito e altri mestieri.

Ogni nostro piccolo aiuto è un grande regalo per loro!!!

XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Investire per l’eternità
Il brano evangelico della liturgia di oggi si apre con una frase di Gesù che lascia sbigottiti: «Il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo» (Mc 13,24-25). Ma come, anche il Signore si mette a fare catastrofismo? No, certamente non è questa la sua intenzione. Egli vuole farci capire che tutto in questo mondo, prima o poi, passa. Anche il sole, la luna e le stelle che formano il “firmamento” — parola che indica “fermezza”, “stabilità” — sono destinati a passare.
Alla fine, però, Gesù dice che cosa non crolla: «Il cielo e la terra passeranno — dice —, ma le mie parole non passeranno» (v. 31). Le parole del Signore non passano. Egli stabilisce una distinzione tra le cose penultime, che passano, e le cose ultime, che restano. È un messaggio per noi, per orientarci nelle nostre scelte importanti della vita, per orientarci su che cosa conviene investire la vita. Su ciò che è transitorio o sulle parole del Signore, che rimangono per sempre? Evidentemente su queste. Ma non è facile. Infatti, le cose che cadono sotto i nostri sensi e ci danno subito soddisfazione ci attirano, mentre le parole del Signore, pur belle, vanno oltre l’immediato e richiedono pazienza. Siamo tentati di aggrapparci a quello che vediamo e tocchiamo e ci sembra più sicuro. È umano, la tentazione è quella. Ma è un inganno, perché “il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”.
Ecco dunque l’invito: non costruire la vita sulla sabbia. Quando si costruisce una casa, si scava in profondità si mettono solide fondamenta. Solo uno sprovveduto direbbe che sono soldi buttati via per qualcosa che noi si vede. Il discepolo fedele, per Gesù, è colui che fon­da la vita sulla roccia, che è la sua Parola che non pas­sa (cfr. Mt 7,24-27), sulla fermezza della Parola di Gesù questo è il fondamento della vita che Gesù vuole da noi, e che non passerà.
E ora la domanda — sempre, quando si legge la Parola di Dio, si fanno delle domande —, chiediamoci: qual è il centro, qual è il cuore pulsante della Parola di Dio? Che cosa, insomma, dà solidità alla vita e non avrà mai fine Ce lo dice san Paolo. Il centro, proprio, il cuore pulsante, quello che dà solidità, è la carità: «La carità non avrà ma, fine» (1Cor 13,8), dice san Paolo, cioè l’amore. Chi fa il bene investe per l’eternità. Quando vediamo una persona generosa e servizievole, mite, paziente, che non è invidiosa, non chiacchiera, non si vanta, non si gonfia di orgoglio, non manca di rispetto (cfr. 1 Cor 13,4-7), questa è una persona che costruisce il cielo in terra. Magari non avrà visibilità, non farà carriera, non farà notizia sui giornali, eppure quello che fa non andrà perduto. Perché il bene non va mai perduto, il bene rimane per sempre.
E noi, fratelli e sorelle, domandiamoci: in che cosa stiamo investendo la vita? Su cose che passano, come il denaro, il successo, l’apparenza, il benessere fisico? Di queste cose, noi non porteremo nulla. Siamo attaccati alle cose terrene, come se dovessimo vivere qui per sempre? Mentre siamo giovani, in salute, va bene tutto, ma quando arriva l’ora del congedo dobbiamo lasciare tutto. La Parola di Dio oggi ci avverte: passa la scena di questo mondo. E rimarrà soltanto l’amore. Fondare la vita sulla Parola di Dio, dunque, non è evadere dalla storia, è immergersi nelle realtà terrene per renderle salde, per trasformarle con l’amore, imprimendovi il segno dell’eternità, il segno di Dio. Ecco allora un consiglio per prendere le scelte importanti. Quando io non so cosa fare, come prendere una scelta definitiva, una scelta importante, una scelta che comporta l’amore di Gesù, cosa devo fare? Prima di decidere, immaginiamo di stare davanti a Gesù, come alla fine della vita, davanti a Lui che è amore. E pensandoci lì, al suo cospetto, alla soglia dell’eternità, prendiamo la decisione per l’oggi. Così dobbiamo decidere: sempre guardando l’eternità, guardando Gesù. Non sarà forse la più facile, non sarà forse la più immediata, ma sarà quella buona, quello è sicuro (cfr. S. Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, 187).
La Madonna ci aiuti a compiere le scelte importanti della vita come ha fatto Lei: secondo l’amore, secondo Dio.

Papa Francesco

 

 

XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO B

Fiducia nel tanto di Dio
La scena descritta dal Vangelo della liturgia odierna si svolge all’interno del Tempio di Gerusalemme. Gesù guarda, guarda ciò che succede in questo luogo, il più sacro di tutti, e vede come gli scribi amino passeggiare per essere notati, salutati, riveriti, e per avere posti d’onore. E Gesù aggiunge che «divorano le case delle vedove e pre­gano a lungo per farsi vedere» (Mc 12,40). Nello stesso tempo, i suoi occhi scorgono un’altra scena: una povera vedova, proprio una di quelle sfruttate dai potenti, getta nel tesoro del Tempio «tutto quanto aveva per vivere» (v. 44). Così dice il Vangelo, getta nel tesoro tutto quanto aveva per vivere. Il Vangelo ci mette davanti questo stridente contrasto: i ricchi, che danno il superfluo per farsi vedere, e una povera donna che, senza apparire, offre tutto il poco che ha. Due simboli di atteggiamenti umani.
Gesù guarda le due scene. Ed è proprio questo verbo — “guardare” — che riassume il suo insegnamento: da chi vive la fede con doppiezza, come quegli scribi, “dobbiamo guardarci” per non diventare come loro; mentre la vedova dobbiamo “guardarla” per prenderla come modello. Guardarsi dagli ipocriti e guardare alla povera vedova. Anzitutto, guardarsi dagli ipocriti, cioè stare attenti a non basare la vita sul culto dell’apparenza, dell’esteriorità, sulla cura esagerata della propria immagine. E, soprattutto, stare attenti a non piegare la fede ai nostri interessi. Quegli scribi coprivano, con il nome di Dio, la propria vanagloria e, ancora peggio, usavano la religione per curare i loro affari, abusando della loro autorità e sfruttando i poveri. Qui vediamo quell’atteggiamento così brutto che anche oggi vediamo in tanti posti, in tanti luoghi, il clericalismo, questo essere sopra gli umili, sfruttarli, “bastonarli”, sentirsi perfetti. Questo è il male del clericalismo. È un monito per ogni tempo e per tutti, Chiesa e società: mai approfittare del proprio ruolo per schiacciare gli altri, mai guadagnare sulla pelle dei più deboli! E vigilare, per non cadere nella vanità, perché non ci succeda di fissarci sulle apparenze, perdendo la sostanza e vivendo nella superficialità. Chiediamoci, ci aiuterà: in quello che diciamo e facciamo, desideriamo essere apprezzati e gratificati oppure rendere un servizio a Dio e al prossimo, specialmente ai più deboli? Vigiliamo sulle falsità del cuore, sull’ipocrisia, che è una pericolosa malattia dell’anima! È un pensare doppio, un giudicare doppio, come dice la stessa parola: “giudicare sotto”, apparire in un modo e “poi”, sotto, avere un altro pensiero.
E per guarire da questa malattia, Gesù ci invita a guardare alla povera vedova. Il Signore denuncia lo sfruttamento verso questa donna che, per fare l’offerta, deve tornare a casa priva persino del poco che ha per vivere. Quanto è importante liberare il sacro dai legami con il denaro! Già Gesù lo aveva detto, in un altro posto: non si può servire due padroni. O tu servi Dio o il denaro. È un padrone, e Gesù dice che non dobbiamo servirlo. Ma, allo stesso tempo, Gesù loda il fatto che questa vedova getta nel tesoro tutto ciò che ha. Non le rimane niente, ma trova in Dio il suo tutto. Non teme di perdere il poco che ha, perché ha fiducia nel tanto di Dio, e questo tanto di Dio moltiplica la gioia di chi dona.
Questo ci fa pensare anche a quell’altra vedova, quella del profeta Elia, che stava per fare una focaccia con l’ultima farina che aveva e l’ultimo olio; Elia le dice: «Dammi da mangiare» e lei dà; e la farina non diminuirà mai, un miracolo (cfr. 1 Re 17,9-16). Il Signore sempre, davanti alla generosità della gente, va oltre, è più generoso. Ma è Lui, non l’avarizia nostra. Ecco allora che Gesù la propone come maestra di fede, questa signora: lei non frequenta il Tempio per mettersi la coscienza a posto, non prega per farsi vedere, non ostenta la fede, ma dona con il cuore, con generosità e gratuità. Le sue monetine hanno un suono più bello delle grandi offerte dei ricchi, perché esprimono una vita dedita a Dio con sincerità, una fede che non vive di apparenze ma di fi­ducia incondizionata. Impariamo da lei: una fede senza orpelli esteriori, ma interiormente sincera; una fede fatta di amore umile per Dio e per i fratelli.

Papa Francesco