RIFLESSIONE DEL PARROCO

Nella riunione del Consiglio pastorale della “Collaborazione pastorale di Variano” svoltasi a Basiliano, domenica scorsa 26 gennaio 2020, si sono affrontati in serenità ed in spirito di vera fraternità, alcuni argomenti per il bene delle nostre dodici parrocchie.
1-Si è deciso di proporre una “Catechesi per gli adulti” nei tre martedì di febbraio su tre argomenti particolarmente sentiti.
2-si è deciso di promuovere un gruppo coppie di sposi che si incontrino regolarmente.
3-Si è deciso di proporre il mese di marzo due “Centri di ascolto” in ciascuna parrocchia, da tenere nelle famiglie che si renderanno disponibili a questo scopo. Sentiamo forte il bisogno di incontrarci per approfondire il senso cristiano della vita e dei suoi problemi quotidiani, nutrendoci di fede e di speranza.
4-Inoltre, i sacerdoti e i diaconi della “Collaborazione pastorale di Variano” hanno deciso di aiutarsi per coprire tutte le S.S. Messe, e di sostenere le parrocchie che avessero la necessità di una celebrazione quando ne fossero prive.
5-Infine, per la zona di Basiliano, da domenica 9 febbraio ci sarà un cambio di orario delle S.S. Messe.

Continuiamo il cammino di crescita nella collaborazione pastorale, così come il nostro Arcivescovo ci richiede, per il bene delle nostre famiglie e delle nostre comunità cristiane.       dD

RIFLESSIONE DEL PARROCO

DOMENICA DELLA PAROLA DI DIO. Sarà celebrata la III Domenica del Tempo Ordinario, domenica 26 gennaio. Con la Lettera apostolica “Aperuit illis” il Papa ha istituito la Domenica della Parola di Dio. Il titolo prende le mosse da un versetto del Vangelo di san Luca: “Aprì loro la mente per comprendere le Scritture” (Lc 24,45) mentre la decisione di far nascere un appuntamento apposito, scrive Papa Francesco, vuole rispondere alle tante richieste in tal senso maturate dopo il Giubileo straordinario della misericordia.
Il Pontefice stesso aveva invitato a pensare a una «domenica dedicata interamente alla Parola di Dio, per comprendere l’inesauribile ricchezza che proviene da quel dialogo costante di Dio con il suo popolo». Si dirà che in ogni celebrazione domenicale ascoltiamo la Parola ed è vero. Tuttavia nelle intenzioni del Papa dedicarvi un momento apposito, magari accompagnato da gesti particolarmente significativi, vuol essere l’occasione per evidenziare la centralità della Scrittura nella vita del cristiano e della Chiesa. Vuole invitare chi le frequenta poco a leggere e pregare di più le Scritture, sottolinea la necessità di trasformare la conoscenza in vita, chiama i sacerdoti a farne risaltare la ricchezza nelle omelie. Partendo dalla consapevolezza, che come dice san Girolamo: “L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”.      dD

 

RIFLESSIONE DEL PARROCO

Al termine delle festività natalizie, desidero esprimere un caloroso ringraziamento a tutte le persone e famiglie, che hanno offerto i fiori per gli addobbi delle nostre chiese rendendole solenni; ai sagrestani e alle persone che le hanno pulite e addobbate; ai chierichetti; ai coristi, maestri strumentisti e lettori, che hanno prestato servizio nelle liturgie; a coloro che hanno creato con fantasia i bei presepi nelle nostre chiese o nelle piazze dei nostri paesi; alle Pro Loco che hanno abbellito e creato iniziative di aggregazione nei nostri paesi; a quanti in qualsiasi modo hanno offerto denaro, cibo per la canonica, per i sacerdoti o per i poveri. Il Signore ricompensi tutti e benedica tutti. Buon anno nuovo a tutti.   dD

 

 

RIFLESSIONE DEL PARROCO

S.E. MONS. PIETRO BROLLO È SALITO AL CIELO

Il nostro Arcivescovo emerito della Diocesi di Udine è spirato giovedì 4 al mattino. I funerali sono stati celebrati sabato 7 dicembre alle 14.30 in Cattedrale a Udine, dove la salma ora riposa nella Cripta delle tombe degli arcivescovi.
Perdere un vescovo; perdere un Padre.
Il vescovo di una diocesi non è un funzionario amministrativo, semmai è il padre nella fede di una Comunità diocesana. Perderlo, significa perdere un padre che ti ha guidato nella fede, nella speranza e nella carità; ti ha aiutato ad essere una Chiesa unita e in cammino; e nel mio caso, è un padre che ti ha affidato il suo Seminario perché tu formassi i suoi preti. Anche se mons. Pietro Brollo era “emerito”, cioè non era più direttamente la guida della nostra Arcidiocesi, per noi resta sempre un padre.
La morte di questo uomo amabile e amato, non è una sconfitta della vita. Al contrario, ne è la pienezza. La sua morte è una vittoria, perché chi muore in Cristo Gesù partecipa di tutta la sua opera di redenzione. Essa, in senso definitivo, è esperienza di risurrezione. Mons. Brollo ha preso sul serio l’invito di Gesù nel tempo dell’Avvento: “Vieni Signore Gesù”. E Gesù è venuto, lo ha caricato sulle sue spalle, ed ora lo abbraccia nella pace eterna.  dD

RIFLESSIONE DEL PARROCO

DOMENICA 24 NOVEMBRE, «GIORNATA DEL SEMINARIO»

Sono 34 i giovani che nel Seminario interdiocesano di Castellerio si stanno preparando al sacerdozio, in un momento, per altro, molto importante nella vita della Chiesa friulana. La «Giornata del Seminario» – che si celebra domenica 24 novembre – vuole essere un momento corale di preghiera per accompagnare questo importante percorso. «I giovani seminaristi – spiega il rettore, don Loris Della Pietra – sentono il bisogno della vicinanza di tutta la comunità diocesana e ne attendono l’incoraggiamento. La Giornata del Seminario, oltre ad essere momento di preghiera e di offerta, diventa occasione per ravvivare l’attenzione a questa componente preziosa della vita delle nostre Chiese per sentire il cammino di questi giovani come dono e responsabilità di tutti».
«Siamo tutti chiamati – prosegue il rettore – ad operare con la preghiera, l’esempio e il consiglio perché in questi giovani non venga dimenticato il “primo amore” sotto la coltre delle fatiche pastorali e degli interessi di parte. Ed è quanto mai importante pregare per loro affinché non fuggano dalla storia, dalla vita, dalle persone e dalle loro domande, lasciando da parte la pretesa di dare risposte preconfezionate, facendo strada con loro e annunciando la speranza che non può morire, donandosi senza calcoli e con passione.»

RIFLESSIONE DEL PARROCO

Siamo peccatori sulla strada della santità…”
Noi siamo la Chiesa, che noi cristiani proclamiamo come “Una e Santa” pregando il Credo. Una, perché ha la sua origine in Dio Trinità, mistero di unità e di comunione piena. Santa, perché fondata su Gesù Cristo, animata dal suo Santo Spirito, ricolmata del suo amore e della sua salvezza. Santa, anche se composta da peccatori, che ogni giorno fanno esperienza delle proprie fragilità e delle proprie miserie.
Unità e santità non sono infatti virtù umane, esse “provengono da Dio”: Gesù Cristo è la fonte della nostra unità e santità, e se noi non siamo uniti, se non siamo santi, è perché non siamo fedeli a Lui. Ma seppur infedeli, Cristo tuttavia non ci lascia soli, non abbandona la sua Chiesa! Lui cammina con noi, Lui conosce le nostre fragilità. Capisce le nostre debolezze, i nostri peccati, ci perdona, purché noi ci lasciamo perdonare. Ma Lui è sempre con noi, aiutandoci a diventare meno peccatori, più santi, più uniti.
Lo dimostra la preghiera incessante di Gesù al Padre per l’unità dei suoi discepoli, soprattutto nell’imminenza della Passione, quando stava per offrire tutta la sua vita per noi, come racconta una delle pagine più intense e commoventi del Vangelo di Giovanni, il capitolo 17. Com’è bello sapere che il Signore, prima di morire, non si è preoccupato di sé stesso, ma ha pensato a noi, all’unità dei suoi discepoli! Gesù, nel suo dialogo col Padre, ha pregato proprio perché possiamo essere una cosa sola con Lui e tra di noi.
Egli si fa nostro intercessore presso il Padre, affinché l’unità possa diventare sempre di più la nota distintiva delle nostre comunità cristiane, e al contempo la risposta più bella a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi (segue).  dD

RIFLESSIONE DEL PARROCO

Si avvicina la Solennità di Tutti i Santi (1° novembre), in cui contempliamo i testimoni della fede e dell’amore, che ora godono della gioia celeste nella visione e nell’abbraccio definitivo di Dio: il Paradiso. Guardare ai Santi ci aiuta e ci fa sentire bene e parte della “Comunione dei Santi”, uno dei punti fermi della nostra fede cattolica. In comunione con i Santi, testimoni di Gesù, per i cui meriti noi pellegrini sulla terra, possiamo chiedere Loro un aiuto, un’intercessione, una mano per vivere oggi da cristiani, e domani godere come loro del Paradiso.
Aiutiamo i nostri figli a prepararsi bene a questa festa cristiana, senza trasformarla in un’ennesima carnevalata commerciale, per gente sempre più vuota come le zucche, inaridita dal nulla, senza senso e senza perché.
Viviamo bene anche i giorni per il ricordo dei nostri morti. In particolare, il 2 novembre e i giorni successivi fino all’8 novembre (Ottavario). Preghiamo per i morti e partecipiamo alle S. Messe per i defunti; non accontentiamoci di fiori e lumini, ma riempiamo di fede e di speranza cristiana le nostre visite ai cimiteri dei nostri paesi.
Nei cimiteri a tutti, raccomando devozione, silenzio e rispetto. Non sono dei parchi commerciali, ma luogo di dolore e di pace…        dD

 

RIFLESSIONE DEL PARROCO

Interiorità in crisi (11)
Si parla tan­to oggi di autenticità e se ne fa il criterio di riuscita o me­no della vita. Ma dov’è, per il cristiano, l’autenticità? L’interiorità è la via ad una vita autentica. Quand’è che un giovane è veramente sé stesso? Solo quando accoglie come misura, Dio. «Un mandriano il quale, se questo fosse possibile, è un io di fronte alle vac­che, è un io molto basso; un sovrano che è un io di fron­te ai suoi servi, lo stesso. Nessuno dei due è un io; in am­bedue i casi manca la misura… Ma che realtà infinita acquista l’io, acquistando coscienza di esistere davanti a Dio, diventando un io umano, la cui misura è Dio!» (S. Kierkegaard, La malattia Morale). «Si parla tanto ‑ scrive il filosofo ‑ di vite sprecate. Ma sprecata è soltanto la vita di quell’uomo che mai si rese conto, nel senso più profondo, che esiste un Dio e che egli, pro­prio egli, il suo io, sta davanti a questo Dio». Chi non è davanti a Dio è veramen­te nella solitudine! Alla luce di queste parole di S. Kierkegaard è importante che i giovani, non si accontentino di essere solo dei «mandria­ni», ma aspirino a diventare «un io che esiste davanti a Dio!».
Il Vangelo ci narra la storia di un giovane «mandria­no» che un giorno ebbe il coraggio di cambiare. Era fug­gito dalla casa paterna e aveva dissipato i suoi beni e là «rientrò in se stesso». Passò in rassegna la sua vita, prepa­rò le parole da dire e si mise in cammino verso la casa paterna (cf Lc 15, 17). La sua conversione si attuò in questo momento, prima di muoversi, mentre era solo in mezzo a una mandria di porci. Si attuò nel momento in cui «rientrò in se stesso». La conversione esterna fu preceduta da quella interiore e ricevet­te da questa il suo valore. Quanta fecondità in quel «rientrare in sé stesso!». Non so se sant’Agostino avesse in mente queste parole del Vangelo, quando lanciava l’invito: «Rientra in te stesso!», ma certo il figliol prodi­go aveva messo in pratica quel grido, prima che il santo lo teorizzasse.   dD

RIFLESSIONE DEL PARROCO

Interiorità in crisi (9)
Come spesso, quando va in crisi un valore spirituale o di fede, ne resta in piedi il simulacro che è l’equivalente secolare di quello stesso valore. L’equivalente secolare, naturale o laicista, dell’interiorità si chiama oggi, in psicologia, introspezione e in altri campi, concentrazione. Gli atleti e tutti quelli che si accingono a qualche impresa che richiede tutte le energie, conoscono l’importanza della concentrazione. Abbiamo presente alla mente immagini di atleti tutti raccolti in sé stessi, pronti a lanciarsi verso la meta, come se dovessero mettersi in contatto con una fonte misteriosa di energia che è dentro di loro. Lo stesso fa l’artista, il direttore d’orchestra. Non c’è nulla che nuoccia tanto a un atleta o a un artista, quanto l’essere «deconcentrato» ed è a ciò che viene attribuito volentieri l’eventuale insuccesso. È una pallida idea di quello che avviene nel campo dello spirito e della fede cristiana, dell’importanza della contemplazione e del raccoglimento del cuore, della coscienza, da cui deve scaturire l’azione.
Se vogliamo dunque imitare ciò che ha fatto Dio, imitiamolo davvero fino in fondo. È vero che egli si è svuotato, è uscito da sé, dall’interiorità divina trinitaria, per venire nel mondo. Ma sappiamo come ciò è avvenuto. «Ciò che era rimase, ciò che non era lo assunse», dicono gli antichi padri a proposito dell’incarnazione. Senza abbandonare il seno del Padre, il Verbo venne in mezzo a noi. Egli era «tutto in se stesso e tutto in noi» (san Leone Magno). Anche noi andiamo pure verso il mondo, ma senza uscire mai del tutto da noi stessi.    dD

RIFLESSIONE DEL PARROCO

Interiorità in crisi (7)
Dissipazione è il nome della malattia mortale che ci insidia tutti. Si finisce per essere come un vestito rovesciato, con l’anima esposta ai quattro venti. In un discorso tenuto ai superiori di un ordine religioso contemplativo, Paolo VI dis­se: «Oggi siamo in un mondo che sembra alle prese con una febbre che si infiltra perfino nel santuario e nella solitudine. Rumore e frastuono hanno invaso pressoché ogni cosa. Le persone non riescono più a raccogliersi. In preda a mille distrazioni, esse dissipano abitualmente le loro energie dietro le diverse forme della cultura moder­na. Giornali, riviste, libri invadono l’intimità delle no­stre case e dei nostri cuori. E più difficile di un tempo trovare l’opportunità per quel raccoglimento nel quale l’anima riesce a essere pienamente occupata in Dio». L’esatta antitesi si chiama proprio dissipazione o evasione, cioè il riversarsi al­l’esterno. Santa Teresa d’Avila ha scritto un’opera intito­lata Il castello interiore che è certamente uno dei frutti più maturi della dottrina cristiana dell’interiorità. Ma esiste, ahimè, anche un «castello esteriore» e oggi con­statiamo che è possibile essere chiusi anche in questo castello. Chiusi fuori casa, incapaci di rientrarvi. Prigio­nieri dell’esteriorità! Sant’Agostino descrive così la sua vita prima della conversione: «Tu eri dentro di me ed io stavo fuori e ti cercavo quaggiù, gettandomi deforme, sopra queste forme di bellezza che sono creature tue. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature che non esisterebbero neppure se non fosse per te che le fai esistere» (Confessioni X, 27). Quanti dovrebbe­ro ripetere questa amara confessione: Tu eri dentro di me, ma io ero fuori!
Vi sono alcuni che sognano la solitudine, ma la so­gnano soltanto. La amano, purché resti nel sogno e non si traduca mai nella realtà. Nella realtà, rifuggono da es­sa, ne hanno paura. La scomparsa del silenzio è un sin­tomo grave. O si ritrova un clima e dei tempi di silenzio e d’interio­rità o è lo svuotamento spirituale progressivo e totale. Gesù chiama l’inferno «le tenebre esteriori» (cf Mt 8, 12) e questa designazione è altamente significativa.