RIFLESSIONE DEL PARROCO

CAPITOLO TERZO
LA RADICE UMANA DELLA CRISI ECOLOGICA
A nulla ci servirà descrivere i sintomi, se non riconosciamo la radice umana della crisi ecologica. Vi è un modo di comprendere la vita e l’azione umana che è deviato e, che contraddice la realtà fino al punto di rovinarla. Propongo di concentrarci sul paradigma tecnocratico dominante e sul posto che vi occupano l’essere umano e la sua azione nel mondo.
LA TECNOLOGIA: CREATIVITÀ E POTERE (prima parte)
L’umanità è entrata in una nuova era in cui la potenza della tecnologia ci pone di fronte ad un bivio. Siamo gli eredi di due secoli di enormi ondate di cambiamento: la macchina a vapore, la ferrovia, il telegrafo, l’elettricità, l’automobile, l’aereo, le industrie chimiche, la medicina moderna, l’informatica e, più recentemente, la rivoluzione digitale, la robotica, le biotecnologie e le nanotecnologie. È giusto rallegrarsi per questi progressi ed entusiasmarsi di fronte alle ampie possibilità che ci aprono queste continue novità, perché la scienza e la tecnologia sono un prodotto meraviglioso della creatività umana che è un dono di Dio. La trasformazione della natura a fini di utilità è una caratteristica del genere umano fin dai suoi inizi, e in tal modo la tecnica esprime la tensione dell’animo umano verso il graduale superamento di certi condizionamenti materiali. La tecnologia ha posto rimedio a innumerevoli mali che affliggevano e limitavano l’essere umano. Non possiamo non apprezzare e ringraziare per i progressi conseguiti, specialmente nella medicina, nell’ingegneria e nelle comunicazioni. E come non riconoscere tutti gli sforzi di molti scienziati e tecnici che hanno elaborato alternative per uno sviluppo sostenibile?
La tecnoscienza, ben orientata, è in grado non solo di produrre cose realmente preziose per migliorare la qualità della vita dell’essere umano, a partire dagli oggetti di uso domestico fino ai grandi mezzi di trasporto, ai ponti, agli edifici, agli spazi pubblici. È anche capace di produrre il bello e di far compiere all’essere umano, immerso nel mondo materiale, il “salto” nell’ambito della bellezza. Si può negare la bellezza di un aereo, o di alcuni grattacieli? Vi sono preziose opere pittoriche e musicali ottenute mediante il ricorso ai nuovi strumenti tecnici. In tal modo, nel desiderio di bellezza dell’artefice e in chi quella bellezza contempla, si compie il salto verso una certa pienezza propriamente umana. Tuttavia non possiamo ignorare che l’energia nucleare, la biotecnologia, l’informatica, la conoscenza del nostro stesso DNA e altre potenzialità che abbiamo acquisito ci offrono un tremendo potere. Anzi, danno a coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano e del mondo intero. Mai l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene, soprattutto se si considera il modo in cui se ne sta servendo. Basta ricordare le bombe atomiche lanciate in pieno XX secolo, come il grande spiegamento di tecnologia ostentato dal nazismo, dal comunismo e da altri regimi totalitari al servizio dello sterminio di milioni di persone, senza dimenticare che oggi la guerra dispone di strumenti sempre più micidiali. In quali mani sta e in quali può giungere tanto potere? È terribilmente rischioso che esso risieda in una piccola parte dell’umanità.
Queste cose ci fanno riflettere?

 

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VI. LA DESTINAZIONE COMUNE DEI BENI (seconda parte)
Ha rimarcato che non sarebbe veramente degno dell’uomo un tipo di sviluppo che non rispettasse e non promuovesse i diritti umani, personali e sociali, economici e politici, inclusi i diritti delle Nazioni e dei popoli. Con grande chiarezza ha spiegato che la Chiesa difende sì il legittimo diritto alla proprietà privata, ma insegna anche con non minor chiarezza che, su ogni proprietà privata grava sempre un’ipoteca sociale, perché i beni servano alla destinazione generale che Dio ha loro dato. Pertanto afferma che, non è secondo il disegno di Dio gestire questo dono in modo tale che i suoi benefici siano a vantaggio soltanto di alcuni pochi. Questo mette seriamente in discussione le abitudini ingiuste di una parte dell’umanità.
Il ricco e il povero hanno uguale dignità, perché «il Signore ha creato l’uno e l’altro» (Pr 22,2), «egli ha creato il piccolo e il grande» (Sap 6,7), e «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni» (Mt 5,45). Questo ha conseguenze pratiche, ogni contadino ha diritto naturale a possedere un appezzamento ragionevole di terra, dove possa stabilire la sua casa, lavorare per il sostentamento della sua famiglia e avere sicurezza per la propria esistenza. Tale diritto dev’essere garantito perché il suo esercizio non sia illusorio ma reale. Ciò significa che, oltre al titolo di proprietà, il contadino deve contare su mezzi di formazione tecnica, prestiti, assicurazioni e accesso al mercato.
L’ambiente è un bene collettivo, patrimonio di tutta l’umanità e responsabilità di tutti. Chi ne possiede una parte è solo per amministrarla a beneficio di tutti.

VII. LO SGUARDO DI GESÙ
Gesù fa propria la fede biblica nel Dio creatore e mette in risalto un dato fondamentale: Dio è Padre (cfr Mt 11,25). Nei dialoghi con i suoi discepoli, Gesù li invitava a riconoscere la relazione paterna che Dio ha con tutte le creature, e ricordava loro con una commovente tenerezza come ciascuna di esse è importante ai suoi occhi: «Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio» (Lc 12,6). «Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre» (Mt 6,26).
Il Signore poteva invitare gli altri ad essere attenti alla bellezza che c’è nel mondo, perché Egli stesso era in contatto continuo con la natura e le prestava un’attenzione piena di affetto e di stupore.

 

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V. UNA COMUNIONE UNIVERSALE (prima parte)
Le creature di questo mondo non possono essere considerate un bene senza proprietario: «Sono tue, Signore, amante della vita» (Sap 11,26). Questo induce alla convinzione che, essendo stati creati dallo stesso Padre, noi tutti esseri dell’universo, siamo uniti da legami invisibili e formiamo una sorta di famiglia universale, una comunione sublime che ci spinge ad un rispetto sacro, amorevole e umile. Dio ci ha unito tanto strettamente al mondo che ci circonda, che la desertificazione del suolo è come una malattia per ciascuno e possiamo lamentare l’estinzione di una specie come fosse una mutilazione.
Questo non significa equiparare tutti gli esseri viventi e togliere all’essere umano quel valore peculiare che implica allo stesso tempo una tremenda responsabilità. E nemmeno comporta una divinizzazione della terra, che ci priverebbe della chiamata a collaborare con essa e a proteggere la sua fragilità. Queste concezioni finirebbero per creare nuovi squilibri nel tentativo di fuggire dalla realtà che ci interpella. Si avverte a volte, l’ossessione di negare alla persona umana qualsiasi preminenza e si porta avanti una lotta per le altre specie che non mettiamo in atto per difendere la pari dignità tra gli esseri umani. Certamente ci deve preoccupare che gli altri esseri viventi non siano trattati in modo irresponsabile, ma ci dovrebbero indignare soprattutto le enormi disuguaglianze che esistono tra di noi, perché continuiamo a tollerare che alcuni si considerino più degni di altri.   Non ci accorgiamo più che alcuni si trascinano in una miseria degradante, senza reali possibilità di miglioramento, mentre altri non sanno nemmeno che farsene di ciò che possiedono, ostentano con vanità una pretesa superiorità e lasciano dietro di sé, un livello di spreco tale che sarebbe impossibile generalizzarlo senza distruggere il pianeta. Continuiamo nei fatti ad ammettere che alcuni si sentano più umani di altri, come se fossero nati con maggiori diritti.
Non può essere autentico un sentimento di intima unione con gli altri esseri della natura, se nello stesso tempo nel cuore non c’è tenerezza, compassione e preoccupazione per gli esseri umani. È evidente l’incoerenza di chi lotta contro il traffico di animali a rischio di estinzione, ma rimane del tutto indifferente davanti alla tratta di persone, si disinteressa dei poveri o è determinato a distruggere un altro essere umano che non gli è gradito.

 

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IV. IL MESSAGGIO DI OGNI CREATURA NELL’ARMONIA DI TUTTO IL CREATO
Insistere nel dire che l’essere umano è immagine di Dio non dovrebbe farci dimenticare che ogni creatura, ha una funzione e nessuna è superflua. Tutto l’universo materiale è un linguaggio dell’amore di Dio, del suo affetto smisurato per noi. Suolo, acqua, montagne, tutto è carezza di Dio. La storia della propria amicizia con Dio si sviluppa sempre in uno spazio geografico, che diventa un segno molto personale e ognuno di noi conserva nella memoria luoghi il cui ricordo gli fa tanto bene. Chi è cresciuto tra i monti o, chi da bambino sedeva accanto al ruscello per bere o, chi giocava in una piazza del suo quartiere, quando ritorna in quei luoghi si sente chiamato a recuperare la propria identità.
Dio ha scritto un libro stupendo, le cui lettere sono la moltitudine di creature presenti nell’universo. Nessuna creatura resta fuori da questa manifestazione di Dio: dai più ampi panorami alla più esili forme di vita, la natura è una continua sorgente di meraviglia e di reverenza. Essa è inoltre, una rivelazione continua del divino. Percepire ogni creatura che canta l’inno della sua esistenza, è vivere con gioia nell’amore di Dio e nella speranza. Questa contemplazione del creato, ci permette di scoprire attraverso ogni cosa qualche insegnamento che Dio ci vuole comunicare, perché per il credente contemplare il creato è anche ascoltare un messaggio, udire una voce paradossale e silenziosa. Possiamo dire che, accanto alla rivelazione propriamente detta contenuta nelle Sacre Scritture c’è quindi, una manifestazione divina nello sfolgorare del sole e nel calare della notte.
Prestando attenzione a questa manifestazione, l’essere umano impara a riconoscere sé stesso in relazione alle altre creature: io mi esprimo esprimendo il mondo; io esploro la mia sacralità decifrando quella del mondo. L’insieme dell’universo, con le sue molteplici relazioni, mostra al meglio la ricchezza inesauribile di Dio. San Tommaso d’Aquino, ha sottolineato sapientemente che la molteplicità e la varietà, provengono dall’intenzione del primo agente, il quale ha voluto che, ciò che manca a ciascuna cosa per rappresentare la bontà divina sia supplito dalle altre cose, perché la sua bontà non può essere adeguatamente rappresentata da una sola creatura. Per questo, abbiamo bisogno di cogliere la varietà delle cose nelle loro molteplici relazioni. Dunque, si capisce meglio l’importanza e il significato di qualsiasi creatura, se la si contempla nell’insieme del piano di Dio.
L’interdipendenza delle creature è voluta da Dio. Il sole e la luna, il cedro e il piccolo fiore, l’aquila e il passero: le innumerevoli diversità e disuguaglianze stanno a significare che nessuna creatura basta a sé stessa, che esse esistono solo in dipendenza le une dalle altre, per completarsi vicendevolmente, al servizio le une delle altre.

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III. IL MISTERO DELL’UNIVERSO  (terza parte)
Dio vuole agire con noi e contare sulla nostra collaborazione, è anche in grado di trarre qualcosa di buono dai mali che noi compiamo, perché lo Spirito Santo possiede un’inventiva infinita, propria della mente divina, che sa provvedere a sciogliere i nodi delle vicende umane anche più complesse e impenetrabili. In qualche modo, Egli ha voluto limitare sé stesso creando un mondo bisognoso di sviluppo, dove molte cose che noi consideriamo mali, pericoli o fonti di sofferenza, fanno parte in realtà dei dolori del parto, che ci stimolano a collaborare con il Creatore. Egli è presente nel più intimo di ogni cosa, senza condizionare l’autonomia della sua creatura e anche questo, dà luogo alla legittima autonomia delle realtà terrene. Questa presenza divina che assicura la permanenza e lo sviluppo di ogni essere, è la continuazione dell’azione creatrice. Lo Spirito di Dio, ha riempito l’universo con le potenzialità che permettono che dal grembo stesso delle cose possa sempre germogliare qualcosa di nuovo: la natura non è altro che la ragione di una certa arte, in specie dell’arte divina, inscritta nelle cose, per cui le cose stesse si muovono verso un determinato fine.
L’essere umano, benché supponga anche processi evolutivi, comporta una novità non pienamente spiegabile dall’evoluzione di altri sistemi aperti. Ognuno di noi, dispone in sé di un’identità personale in grado di entrare in dialogo con gli altri e con Dio stesso. La capacità di riflessione, il ragionamento, la creatività, l’interpretazione, l’elaborazione artistica ed altre capacità originali mostrano una singolarità che trascende l’ambito fisico e biologico. La novità qualitativa implicata dal sorgere di un essere personale all’interno dell’universo materiale presuppone un’azione diretta di Dio, una peculiare chiamata alla vita e alla relazione di un Tu a un altro tu.
A partire dai testi biblici, consideriamo la persona come soggetto, che non può mai essere ridotto alla categoria di oggetto.
Sarebbe però anche sbagliato pensare che gli altri esseri viventi debbano essere considerati come meri oggetti sottoposti all’arbitrario dominio dell’essere umano. Quando si propone una visione della natura unicamente come oggetto di profitto e di interesse, ciò comporta anche gravi conseguenze per la società. La visione che rinforza l’arbitrio del più forte ha favorito immense disuguaglianze, ingiustizie e violenze per la maggior parte dell’umanità, perché le risorse diventano proprietà del primo arrivato o di quello che ha più potere: il vincitore prende tutto. L’ideale di armonia, di giustizia, di fraternità e di pace che Gesù propone è agli antipodi di tale modello, così Egli lo esprimeva riferendosi ai poteri del suo tempo: «I governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore» (Mt 20,25-26).
Il traguardo del cammino dell’universo è nella pienezza di Dio, che è stata già raggiunta da Cristo risorto, fulcro della maturazione universale. In tal modo aggiungiamo un ulteriore argomento per rifiutare qualsiasi dominio dispotico e irresponsabile dell’essere umano sulle altre creature. Lo scopo finale delle altre creature non siamo noi. Invece tutte avanzano, insieme a noi e attraverso di noi, verso la meta comune, che è Dio, in una pienezza trascendente dove Cristo risorto abbraccia e illumina tutto. L’essere umano, infatti, dotato di intelligenza e di amore, e attratto dalla pienezza di Cristo, è chiamato a ricondurre tutte le creature al loro Creatore.

 

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II. IL MISTERO DELL’UNIVERSO (prima parte)
Per la tradizione giudeo-cristiana, dire “creazione” è più che dire natura, perché ha che vedere con un progetto dell’amore di Dio, dove ogni creatura ha un valore e un significato. La natura viene spesso intesa come un sistema che si analizza, si comprende e si gestisce, ma la creazione può essere compresa solo come un dono che scaturisce dalla mano aperta del Padre di tutti, come una realtà illuminata dall’amore che ci convoca ad una comunione universale.
«Dalla parola del Signore furono fatti i cieli» (Sal 33,6). Così ci viene indicato che il mondo proviene da una decisione, non dal caos o dalla casualità e questo lo innalza ancora di più. Vi è una scelta libera espressa nella parola creatrice. L’universo non è sorto come risultato di un’onnipotenza arbitraria, di una dimostrazione di forza o di un desiderio di autoaffermazione. La creazione appartiene all’ordine dell’amore. L’amore di Dio è la ragione fondamentale di tutto il creato: «Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose

che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata» (Sap 11,24).
Così, ogni creatura è oggetto della tenerezza del Padre che le assegna un posto nel mondo. Perfino l’effimera vita dell’essere più insignificante è oggetto del suo amore e in quei pochi secondi di esistenza, Egli lo circonda con il suo affetto. Diceva San Basilio Magno che il Creatore è anche la bontà senza calcolo e Dante Alighieri parlava dell’amor che muove il sole e le altre stelle. Perciò, dalle opere create si ascende fino alla sua amorosa misericordia.  Allo stesso tempo, il pensiero ebraico-cristiano ha demitizzato la natura. Senza smettere di ammirarla per il suo splendore e la sua immensità, non le ha più attribuito un carattere divino. In questo modo viene sottolineato ulteriormente il nostro impegno nei suoi confronti.

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II. LA SAPIENZA DEI RACCONTI BIBLICI (seconda parte)

Noi non siamo Dio. La terra ci precede e ci è stata data. Ciò consente di rispondere a un’accusa lanciata contro il pensiero ebraico-cristiano: è stato detto che, a partire dal racconto della Genesi che invita a soggiogare la terra (cfr Gen 1,28), verrebbe favorito lo sfruttamento selvaggio della natura presentando un’immagine dell’essere umano come dominatore e distruttore. Questa non è una corretta interpretazione della Bibbia come la intende la Chiesa. Mentre «coltivare» significa arare o lavorare un terreno, «custodire» vuol dire proteggere, curare, preservare, conservare, vigilare. Ciò implica una relazione di reciprocità responsabile tra essere umano e natura. Ogni comunità può prendere dalla bontà della terra ciò di cui ha bisogno per la propria sopravvivenza, ma ha anche il dovere di tutelarla e garantire la continuità della sua fertilità per le generazioni future. In definitiva, «del Signore è la terra» (Sal 24,1), a Lui appartiene «la terra e quanto essa contiene» (Dt 10,14). Perciò Dio nega ogni pretesa di proprietà assoluta: «Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e ospiti» (Lv 25,23).
Questa responsabilità di fronte ad una terra che è di Dio, implica che l’essere umano, dotato di intelligenza, rispetti le leggi della natura e i delicati equilibri tra gli esseri di questo mondo, perché «al suo comando sono stati creati. Li ha resi stabili nei secoli per sempre; ha fissato un decreto che non passerà» (Sal 148,5b-6). Ne consegue il fatto che la legislazione biblica si soffermi a proporre all’essere umano diverse norme, non solo in relazione agli altri esseri umani, ma anche in relazione agli altri esseri viventi: «Se vedi l’asino di tuo fratello o il suo bue caduto lungo la strada, non fingerai di non averli scorti [].
Quando, cammin facendo, troverai sopra un albero o per terra un nido d’uccelli con uccellini o uova e la madre che sta covando gli uccellini o le uova, non prenderai la madre che è con i figli» (Dt 22,4.6). In questa linea, il riposo del settimo giorno non è proposto solo per l’essere umano, ma anche «perché possano godere quiete il tuo bue e il tuo asino» (Es 23,12). Così ci rendiamo conto che la Bibbia non dà adito ad un antropocentrismo dispotico che non si interessi delle altre creature.
Mentre possiamo fare un uso responsabile delle cose, siamo chiamati a riconoscere che gli altri esseri viventi hanno un valore proprio di fronte a Dio e con la loro semplice esistenza lo benedicono e gli rendono gloria, perché il Signore gioisce nelle sue opere (cfr Sal 104,31). Proprio per la sua dignità unica e per essere dotato di intelligenza, l’essere umano è chiamato a rispettare il creato con le sue leggi interne, poiché «il Signore ha fondato la terra con sapienza» (Pr 3,19).
Oggi la Chiesa non dice in maniera semplicistica che le altre creature sono completamente subordinate al bene dell’essere umano, come se non avessero un valore in sé stesse e noi potessimo disporne a piacimento. Così i Vescovi della Germania hanno spiegato che, per le altre creature si potrebbe parlare della priorità dell’essere rispetto all’essere utili. Il Catechismo, pone in discussione in modo molto diretto e insistito quello che sarebbe un antropocentrismo deviato: ogni creatura ha la sua propria bontà e la sua propria perfezione []. Le varie creature, volute nel loro proprio essere, riflettono, ognuna a suo modo, un raggio dell’infinita sapienza e bontà di Dio. Per questo l’uomo deve rispettare la bontà propria di ogni creatura, per evitare un uso disordinato delle cose.
Nel racconto di Caino e Abele, vediamo che la gelosia ha spinto Caino a compiere l’estrema ingiustizia contro suo fratello. Ciò a sua volta ha causato una rottura della relazione tra Caino e Dio e tra Caino e la terra, dalla quale fu esiliato. Questo passaggio è sintetizzato nel drammatico colloquio tra Dio e Caino. Dio chiede: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Caino dice di non saperlo e Dio insiste: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto, lontano da [questo] suolo» (Gen 4,9-11). Trascurare l’impegno di coltivare e mantenere una relazione corretta con il prossimo, verso il quale ho il dovere della cura e della custodia, distrugge la mia relazione interiore con me stesso, con gli altri, con Dio e con la terra. Quando tutte queste relazioni sono trascurate, quando la giustizia non abita più sulla terra, la Bibbia ci dice che tutta la vita è in pericolo. Questo è ciò che ci insegna il racconto di Noè, quando Dio minaccia di spazzare via l’umanità per la sua persistente incapacità di vivere all’altezza delle esigenze della giustizia e della pace: «È venuta per me la fine di ogni uomo, perché la terra, per causa loro, è piena di violenza» (Gen 6,13). In questi racconti così antichi, ricchi di profondo simbolismo, era già contenuta una convinzione oggi sentita: che tutto è in relazione, e che la cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri.
Più che parlare di rispettare la natura impariamo a farlo ogni giorno con dei piccoli gesti. Che le nostre azioni accompagnino le nostre parole.

 

 

RIFLESSIONE DEL PARROCO

Con questo numero del foglietto “Insieme” vi propongo alcune riflessioni a partire dal enciclica “Laudato si’ ” di Papa Francesco sulla cura della casa comune.
Credo ci aiuti molto nella nostra riflessione questo testo. Vi invito a leggerlo in famiglia e a commentarlo insieme.
CAPITOLO SECONDO IL VANGELO DELLA CREAZIONE
La scienza e la religione, che forniscono approcci diversi alla realtà, possono entrare in un dialogo intenso e produttivo per entrambe.

I. LA LUCE CHE LA FEDE OFFRE
Se teniamo conto la complessità della crisi ecologica e delle sue molteplici cause, dovremmo riconoscere che, le soluzioni non possono venire da un unico modo di interpretare e trasformare la realtà. È necessario ricorrere anche alle diverse ricchezze culturali dei popoli, all’arte e alla poesia, alla vita interiore e alla spiritualità. Se si vuole veramente costruire un’ecologia che ci permetta di riparare tutto ciò che abbiamo distrutto, allora nessun ramo delle scienze e nessuna forma di saggezza può essere trascurata, nemmeno quella religiosa con il suo linguaggio proprio.
Inoltre la Chiesa Cattolica è aperta al dialogo con il pensiero filosofico, e ciò le permette di produrre varie sintesi tra fede e ragione. Per quanto riguarda le questioni sociali, questo lo si può constatare nello sviluppo della dottrina sociale della Chiesa, chiamata ad arricchirsi sempre di più a partire dalle nuove sfide.
D’altra parte, anche se questa Enciclica si apre a un dialogo con tutti per cercare insieme cammini di liberazione, voglio mostrare fin dall’inizio come le convinzioni di fede offrano ai cristiani e in parte anche ad altri credenti, motivazioni alte per prendersi cura della natura e dei fratelli e sorelle più fragili. Se il solo fatto di essere umani muove le persone a prendersi cura dell’ambiente del quale sono parte, i cristiani, in particolare, avvertono che i loro compiti all’interno del creato, i loro doveri nei confronti della natura e del Creatore sono parte della loro fede.
Pertanto, è un bene per l’umanità e per il mondo che noi credenti riconosciamo meglio gli impegni ecologici che scaturiscono dalle nostre convinzioni.

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Trasmettere la fede (prima parte)

L’educazione dei figli dev’essere caratterizzata da un percorso di trasmissione della fede, che è reso difficile dallo stile di vita attuale, dagli orari di lavoro, dalla complessità del mondo di oggi, in cui molti, per sopravvivere, sostengono ritmi frenetici. Ciò nonostante, la famiglia deve continuare ad essere il luogo dove si insegna a cogliere le ragioni e la bellezza della fede, a pregare e a servire il prossimo. Questo inizia con il Battesimo, nel quale, come diceva sant’Agostino, le madri che portano i propri figli cooperano al parto santo. Poi inizia il cammino della crescita di quella vita nuova. La fede è dono di Dio, ricevuto nel Battesimo, e non è il risultato di un’azione umana, però i genitori sono strumento di Dio per la sua maturazione e il suo sviluppo. Perciò è bello quando le mamme insegnano ai figli piccoli a mandare un bacio a Gesù o alla Vergine. Quanta tenerezza c’è in quel gesto! In quel momento il cuore dei bambini si trasforma in spazio di preghiera. La trasmissione della fede presuppone che i genitori vivano l’esperienza reale di avere fiducia in Dio, di cercarlo, di averne bisogno, perché solo in questo modo «una generazione narra all’altra le tue opere, annuncia le tue imprese» (Sal 144,4) e «il padre farà conoscere ai figli la tua fedeltà» (Is 38,19). Questo richiede che invochiamo l’azione di Dio nei cuori, là dove non possiamo arrivare. Il granello di senape, seme tanto piccolo, diventa un grande arbusto ( Mt 13,31-32), e così riconosciamo la sproporzione tra l’azione e il suo effetto. Allora sappiamo che non siamo padroni del dono ma suoi amministratori premurosi. Tuttavia il nostro impegno creativo è un contributo che ci permette di collaborare con l’iniziativa di Dio. Pertanto, si abbia cura di valorizzare le coppie, le madri e i padri, come soggetti attivi della catechesi []. È di grande aiuto la catechesi familiare, in quanto metodo efficace per formare i giovani genitori e per renderli consapevoli della loro missione come evangelizzatori della propria famiglia.

 

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La vita familiare come contesto educativo (seconda parte)

Nell’ambiente familiare si possono anche reimpostare le abitudini di consumo per provvedere insieme alla casa comune: La famiglia è il soggetto protagonista di un’ecologia integrale, perché è il soggetto sociale primario, che contiene al proprio interno i due principi-base della civiltà umana sulla terra: il principio di comunione e il principio di fecondità. Ugualmente, i momenti difficili e duri della vita familiare possono essere molto educativi. È ciò che accade, per esempio, quando sopraggiunge una malattia, perché di fronte alla malattia, anche in famiglia sorgono difficoltà, a causa della debolezza umana. Ma, in genere, il tempo della malattia fa crescere la forza dei legami familiari. Un’educazione che tiene al riparo dalla sensibilità per la malattia umana, inaridisce il cuore. E fa sì che i ragazzi siano “anestetizzati” verso la sofferenza altrui, incapaci di confrontarsi con la sofferenza e di vivere l’esperienza del limite.
L’incontro educativo tra genitori e figli può essere facilitato o compromesso dalle tecnologie della comunicazione e del divertimento, sempre più sofisticate. Quando sono ben utilizzate possono essere utili per collegare i membri della famiglia malgrado la distanza. I contatti possono essere frequenti e aiutare a risolvere difficoltà. Deve però essere chiaro che non sostituiscono né rimpiazzano la necessità del dialogo più personale e profondo che richiede il contatto fisico, o almeno, la voce dell’altra persona. In famiglia, anche questo dev’essere motivo di dialogo e di accordi, che permettano di dare priorità all’incontro dei suoi membri senza cadere in divieti insensati.
Per rendere efficace il prolungamento della paternità e della maternità verso una realtà più ampia, le comunità cristiane sono chiamate ad offrire sostegno alla missione educativa delle famiglie, in modo particolare attraverso la catechesi di iniziazione. Per favorire un’educazione integrale abbiamo bisogno di ravvivare l’alleanza tra la famiglia e la comunità cristiana.
Da soli educare i nostri ragazzi è difficile, la parrocchia propone prima di tutto la catechesi ai vari sacramenti, poi le attività dell’Oratorio, dell’Azione Cattolica e dello Scoutismo.  Lasciamoci aiutare!