LA CRESIMA SIGILLO DELLO SPIRITO SANTO
E’ il secondo sacramento dell’iniziazione cristiana ed è intimamente legato al battesimo di cui è “confermazione”, nel senso che ne rende più ferma la grazia. Come il battesimo essa imprime un carattere, e quindi viene conferita una volta sola.
Nota storica
In origine era amministrata nella stessa Veglia Pasquale subito dopo il battesimo (S. Cipriano nel III° sec. parla di “sacramento doppio”), prassi che si è conservata per gli adulti. Con il diffondersi del battesimo dei bambini, in Oriente si è conservato 1’ordine tradizionale, e il presbitero che battezza il bambino gli conferisce anche la cresima, in Occidente i due momenti si sono separati e la cresima è stata riservata al vescovo.
Alcuni aspetti teologici
Specifico della cresima è il dono dello Spirito Santo. Questo rende difficile sviluppare una teologia propria del sacramento, in quanto il dono dello Spirito è già parte della grazia battesimale. Ne deriva che la Confermazione apporta una crescita e un approfondimento della grazia battesimale:
– ci radica più profondamente nella filiazione divina grazie alla quale diciamo: “Abbà, Padre” (Rm 8,15);
– ci unisce più saldamente a Cristo; – aumenta in noi i doni dello Spirito Santo;
– rende più perfetto il nostro legame con la Chiesa;
– ci accorda “una speciale forza dello Spirito Santo” per «diffondere e difendere con la parola e con l’azione la fede, come veri testimoni di Cristo», per «confessare coraggiosamente il nome di Cristo» e per non vergognarsi mai della sua croce.
Si può dire che la cresima è “di più” rispetto al battesimo, ma non un qualcosa di “nuovo”. Da qui ad affermare che è un sacramento inutile il passo può essere breve, a salvarla è la prassi liturgica che da sempre la amministra.
La strada che attualmente si percorre è quella di presentarla come il sacramento della “maturità cristiana” (“la confermazione sta alla crescita come il battesimo sta alla nascita” S. Tommaso d’Aquino). Si tratta di maturità spirituale prima che anagrafica, è il sacramento in cui uno acquista un proprio ruolo attivo nella Chiesa, e questo può valere anche per un bambino.
Sì rende il concetto affermando che uno diventa “testimone” della fede, meglio che l’antico “soldato di Cristo”. Questa maturità si esprime nella coerenza della vita cristiana e poi eventualmente nell’inserimento negli organici della comunità parrocchiale.
Il “dono dello Spirito Santo” non è un pacco regalo, ma è lo stesso Spirito Santo-Dio che si comunica. Forse più che la cresima bisogna approfondire la Terza Persona della Santissima Trinità.
Un immagine usata per questo sacramento è quella dei sette santi doni (vedi Isaia 11,1-2): sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà, timor di Dio, che vengono invocati dal Vescovo al momento dell’imposizione delle mani.
Sì tratta di un immagine che ha il suo fascino, ma che richiede un attenta catechesi, poiché nel linguaggio comune questi termini non hanno lo stesso rilievo che hanno nel linguaggio biblico.
Una nota pastorale
Se, dal punto di vista teologico, la scarsa distinzione tra cresima e battesimo può creare problemi, pastoralmente può diventare provvidenziale in quanto, un attenta catechesi, permette al credente di appropriarsi, in maniera libera e responsabile, di un sacramento ricevuto da bambino. Delicata è la scelta dell’età della cresima, soprattutto per evitare che diventi il “sacramento dell’abbandono”.
All’antica abitudine di conferirla con l’ “uso di ragione” (circa a 7 anni), si è sostituita quella di celebrarla durante l’adolescenza (15-16 anni), prassi che ancora vige nella nostra Diocesi, ma che si scontra con un età difficile e problematica.
L’ultima edizione del Catechismo della CEI; la colloca all’età delle scuole medie (12-13 anni, vol. III° del Catechismo dei fanciulli). Oggi, nella nostra Arcidiocesi è sempre più frequente il caso dei fidanzati che chiedono la cresima nella convinzione, non del tutto esatta, che sia indispensabile per celebrare il matrimonio religioso. È un’occasione da non perdere, anche perché, molte volte, non si deve “confermare” solo il battesimo ma anche la confessione e la comunione, quasi dimenticate.