Al termine della Settimana Santa e della Ottava della Pasqua di risurrezione, momento di particolare grazia per le nostre Comunità cristiane, desidero esprimere un vivo ringraziamento a tutte le persone che si sono impegnate perché le Liturgie fossero un’autentica festa del popolo credente: i vari Gruppi corali, gli organisti e musicisti, il Gruppo giovani, i chierichetti, le persone che hanno pulito e abbellito le chiese, chi ha curato o regalato i fiori, i sagrestani, i lettori, i sacerdoti che hanno celebrato e dato il loro tempo per ascoltare le Confessioni, le nostre Suore, e tutti i cristiani che hanno partecipato con viva fede e con il canto. La nostra vocazione di popolo di Dio è di testimoniare Gesù risorto; si tratta di un mandato ricevuto da Lui e non possiamo tradirlo, specialmente in questo tempo che necessita della speranza cristiana. dD
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RIFLESSIONE DEL PARROCO
PREPARIAMO LA SETTIMANA SANTA, CONOSCENDO LE SUE CELEBRAZIONI.
LA SETTIMANA SANTA
Domenica delle Palme
La Settimana Santa si apre con la Domenica delle Palme. In essa si celebra l’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme, acclamato come Messia e figlio di Davide.
Giovedì santo
Durante la mattinata del Giovedì Santo non si celebra l’Eucarestia nelle parrocchie, perché viene celebrata un’unica Messa, detta Messa del Crisma, in ogni Diocesi, nella Cattedrale. Tale Messa è presieduta dal Vescovo insieme a tutti i suoi preti e diaconi. In questa Messa vengono consacrati gli Olii santi, e i presbiteri rinnovano le promesse emesse al momento della loro ordinazione.
Con la Messa nella Cena del Signore, celebrata nella sera, inizia il solenne Triduo Pasquale.
IL TRIDUO PASQUALE
Giovedì Santo
Il solenne Triduo Pasquale della Passione, Morte e Risurrezione di Cristo viene aperto con la Messa nella Cena del Signore, nella quale si ricorda l’Ultima Cena di Gesù, la istituzione dell’Eucarestia e del Sacerdozio ministeriale, e si ripete il gesto simbolico della Lavanda dei piedi effettuato da Cristo nell’Ultima Cena. Al termine, l’Eucaristia viene riposta nell’Altare della Reposizione, davanti al quale i fedeli permangono in adorazione.
Venerdì Santo
Il Venerdì Santo è il giorno della morte di Gesù sulla Croce.
Il Venerdì Santo è tradizione effettuare la Via Crucis. Si pratica il digiuno e ci si astiene dalle carni come forma di partecipazione alla Passione e Morte del Signore.
Sabato Santo
Il Sabato Santo è tradizionalmente giorno senza liturgia: non si celebra l’Eucaristia, e la Comunione ai malati si porta solamente ai malati in punto di morte.
La Veglia Pasquale
Nella notte si celebra la solenne Veglia Pasquale, che è la celebrazione più importante di tutto l’Anno Liturgico.
Domenica di Resurrezione
La Domenica di Resurrezione torna a riecheggiare la gioia della Veglia Pasquale. Tale domenica è ampliata nell’Ottava di Pasqua: la Chiesa celebra la pienezza di questo evento fondamentale per la durata di otto giorni, concludendo la II domenica di Pasqua, chiamata fin dall’antichità Domenica in Albis, che San Giovanni Paolo II ha voluto dedicare alla celebrazione della Divina Misericordia.
Ovviamente, non basta “conoscere” i riti della Settimana Santa. Essi vanno arricchiti da una preghiera intensa e da un’attenta partecipazione.
Buona settimana Santa. dD
RIFLESSIONE PARROCO
In una società in cui si esaltano i principi della libertà dell’uomo, è interessante osservare come si tenda a renderlo schiavo nelle sue forme pratiche ed esistenziali. E allora, come coniugare la libertà che sgorga dalla dignità dell’uomo, senza scadere nelle nuove raffinate forme di schiavitù del lavoro, della sessualità ridotta a cosa, del possesso delle cose, delle relazioni possessive tra persone?
Gesù, che non era uno psicologo, ma come Figlio di Dio conosceva bene il cuore dell’uomo, ha una proposta da offrirci: “la verità vi rende liberi” (Giovanni 8,32). Una verità –quella di Dio- che svela la sua “sapienza” sulla vita dell’uomo, sui rapporti tra le persone, sulle cose. La Parola di Dio ci ricorda che, per non diventare schiavi, o per ritrovare la vera libertà, bisogna ritornare a Dio: “Non avrai altri dei, al di fuori di Me” (Esodo 20,3).
Liberaci Gesù, dagli idoli che ci rendono schiavi, magari dandoci l’illusione di essere molto liberi. dD
RIFLESSIONE PARROCO
Faccio conoscere l’Omelia che l’Arcivescovo ha tenuto alla Veglia dei giovani, riunitisi in Cattedrale giovedì 15 febbraio 2018. Mi pare un’ottima opportunità per fare un buon esame di coscienza personale a partire dal vangelo. dD
Commento dell’Arcivescovo al Vangelo (Marco 1, 40-45)
Al tempo di Gesù, la lebbra era considerata una delle peggiori malattie, perché consumava un po’ alla volta la pelle e la carne fino a portare alla morte; non era curabile ed era contagiosa. Per questo, i lebbrosi erano cacciati dal paese ed erano condannati a vivere in caverne e, a volte, nei cimiteri. Non potevano avvicinarsi a nessuna persona sana: se un lebbroso l’avesse fatto, sarebbe stato ucciso con la lapidazione.
Il lebbroso del Vangelo infrange tutti i divieti e si avvicina a Gesù, rischiando quindi la morte per lapidazione. Si getta in ginocchio davanti a lui e lo prega: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Non ha più speranze umane e gli resta solo la fede in Gesù: è convinto che Gesù, se vuole, può essere più potente anche della lebbra e può purificargli il corpo dal male. Se qualcuno avesse toccato un lebbroso, sarebbe stato subito cacciato, perché avrebbe potuto essersi contaminato. Gesù invece non viene cacciato perché, appena tocca quell’uomo, la lebbra scompare. Mostra di avere il potere di purificare dal male quel malato che, in ginocchio, lo supplicava.
Infine, dopo averlo guarito, Gesù invia l’uomo dai sacerdoti perché – secondo la legge dell’epoca – toccava a loro dichiarare la guarigione di un lebbroso, nelle poche volte che ciò capitava.
Esame di coscienza davanti al Vangelo
Leggendo questo episodio del Vangelo pensiamo a noi stessi. C’è un posto anche per noi, ed è quello del lebbroso. Ognuno di noi ha un po’ di “lebbra” addosso e questa sera, all’inizio del tempo di Quaresima, cerchiamo di riconoscerla nella confessione. Ci sono, infatti, i lebbrosi nel corpo (molto pochi al nostro tempo); più numerosi sono i lebbrosi nel cuore e nell’anima. C’è la lebbra che corrode la pelle e c’è la lebbra che corrode il cuore. Facciamo qualche esempio:
- c’è la lebbra dell avarizia, che si attacca al cuore e ti fa sentire contento quando hai più soldi e più cose degli altri, non quando doni queste cose a chi non ne ha;
- c’è la lebbra della rabbia: la rabbia contro sé stessi, che non fa mai star contenti per come siamo; la rabbia contro gli altri, che spinge a sentimenti e parole cattive;
- c’è la lebbra dell’impurità’. è la voglia di usare il corpo proprio (o degli altri) per cercare un piacere egoistico con pensieri, immagini o comportamenti;
- c’è la lebbra della superbia, che ti tormenta se non ti senti un po’ più in alto degli altri, magari anche passando sopra di loro;
L’elenco potrebbe continuare. Mettiamoci come il lebbroso, cioè in ginocchio davanti a Gesù. Mostriamogli la lebbra che in questo tempo è attaccata al nostro cuore. Quali piaghe troviamo dentro di noi? In che cosa sentiamo che il nostro cuore è un po’ sporco o malato?
Confessione dei peccati e perdono di Gesù
Il lebbroso si getta in ginocchio e prega Gesù: «Se vuoi, puoi purificarmi». Proviamo a fare questa preghiera: confessiamo a Gesù le piaghe del nostro cuore e lo preghiamo di guarirci, per avere un cuore più sano, più buono, più puro.
Gesù invia il lebbroso guarito dai sacerdoti. Anche noi possiamo incontrare Gesù nel sacerdote, vivendo il Sacramento della Riconciliazione. Nella Confessione mostriamo a Gesù le nostre piaghe e preghiamolo perché ci perdoni, ci guarisca con il suo amore, ci doni la gioia di sentirci abbracciati da lui.
RIFLESSIONE DEL PARROCO
La Quaresima ci pone degli interrogativi fondamentali: cresce la mia fedeltà a Cristo, il mio desiderio di santità? Cresce la generosità apostolica nella mia vita di ogni giorno, nel mio lavoro ordinario, fra i miei colleghi? Ognuno risponda a queste domande e scoprirà che è necessaria una nuova trasformazione perché Cristo viva in noi, perché la sua immagine si rifletta limpidamente nella nostra condotta. Chiamiamo Quaresima il periodo di quaranta giorni (Quadragesima) dedicato alla preparazione della Pasqua. Dal IV° secolo è un tempo di penitenza e di rinnovamento per tutta la Chiesa, con la pratica del digiuno e dell’astinenza. “La Chiesa ogni anno si unisce al mistero di Gesù nel deserto con i quaranta giorni della Quaresima” (Catech. Chiesa Catt., 540). Proponendo ai suoi fedeli l’esempio di Cristo nel suo ritiro nel deserto, si prepara per la celebrazione delle solennità pasquali. dD
RIFLESSIONE DEL PARROCO
Domenica 4 febbraio è la Giornata nazionale per la vita, promossa dalle diocesi italiane.
“’L’amore dà sempre vita’: questa è l’affermazione di papa Francesco, che apre il capitolo quinto del suo documento sull’amore umano “Amoris laetitia”. Ci introduce nella celebrazione di questa Giornata 2018, incentrata sul tema ‘Il Vangelo della vita, gioia per il mondo’”. questa nostra Italia ha bisogno di gioia. La troverà nell’accoglienza della vita. dD
RIFLESSIONE DEL PARROCO
Domenica 4 febbraio è la Giornata nazionale per la vita, promossa dalle diocesi italiane.
“’L’amore dà sempre vita’: questa è l’affermazione di papa Francesco, che apre il capitolo quinto del suo documento sull’amore umano “Amoris laetitia”. Ci introduce nella celebrazione di questa Giornata 2018, incentrata sul tema ‘Il Vangelo della vita, gioia per il mondo’”. questa nostra Italia ha bisogno di gioia. La troverà nell’accoglienza della vita. dD
RIFLESSIONE DEL PARROCO
IL GOVERNO INGLESE HA ISTITUITO IL “MINISTERO DELLA SOLITUDINE”.
La solitudine è dunque un problema, così grande, da meritare l’istituzione di un ministero governativo?
Credo sia problema, che nessun governo riuscirà mai a risolvere, perché tocca il cuore dell’uomo, la sua interiorità, le sue scelte di vita, le sue relazioni con il prossimo. D’altronde, se rifiuto gli altri per una vita intera, è ovvio che da anziano sarò un “uomo solo”; se l’appartenenza alla comunità, civile o cristiana, mi è di peso, ed io e la mia famiglia cresciamo nella solitudine delle relazioni, invecchiando sarò ancora più solo. Fino all’aspetto più radicale e profondo: scegliere la solitudine come lontananza da Dio, dal mio io, dalla mia dignità di figlio.
Dice la scrittura: «Chi semina vento, raccoglie tempesta» (cfr Osea 8,7). Se una società esalta la solitudine, attraverso il mito dell’autonomia, del “fai da te”, dell’indipendenza sociale, del single come simbolo della libertà dall’altro e da ogni responsabilità, ecc…, come può stupirsi che la solitudine diventi un “problema sociale”?
«Là dove due o più sono radunati nel mio nome, Io sono presente in mezzo ad essi» (Matteo 18,20), questa è la risposta di Gesù alla solitudine! dD
RIFLESSIONE DEL PARROCO
Atei, non credenti, increduli. Questa è la rappresentazione che sempre più spesso viene data delle nuove generazioni e, che una nuova indagine statistica ha messo in evidenza. L’indagine è stata raccolta dal sociologo Franco Garelli, che poi ha pubblicato i dati. In effetti la “negazione di Dio e l’indifferenza religiosa” tra i giovani sta crescendo sensibilmente, anche per il diffondersi di un “ateismo pratico” tra quelli che mantengono un legame labile con il cattolicesimo. Tuttavia, dice l’indagine, la “domanda di senso dei giovani resta vivace”. Si mettono insieme cristianesimo, buddismo, tecniche di rilassamento, teorie esoteriche, filosofie varie.
C’è da chiedersi: “che fine ha fatto la ricchezza della spiritualità cristiana, che ha plasmato da duemila anni intere generazioni, mettendo insieme, vangelo, scritti sapienziali e testimonianze dei santi, scelte di vita pratica? Perché c’è bisogno di altro per saziare il cuore che ricerca Dio?” dD
RIFLESSIONE DEL PARROCO
La Festa del Battesimo di Gesù completa la feste del Natale. Battezzare significa immergere, immergersi… Il suo battesimo ci ricorda che egli si è immerso nel fiume della vita degli uomini, nel nostro mondo; si è abbassato dalla sua divinità, per condividere la nostra realtà di povertà e di peccato per dare alla nostra vita luce e speranza.
Concluse le feste, si torna alla ferialità, alla normalità, alla quotidianità della fede vissuta tra le pieghe della vita. dD