Patrono di Blessano: Santo Stefano, Protomartire (primo martire)
– I° secolo – 26 dicembre
Il nuovo Calendario della Chiesa conferma la festa di Santo Stefano il 26 dicembre, primo Martire cristiano; primo a suggellare col proprio sangue la fede in colui che per gli uomini dette il suo sangue; primo a testimoniare con la morte la certezza nell’eterna vita, e che ha, come titolo di onore, proprio quello di Protomartire, primo e cruento testimone. Il suo nome, in greco, vuole dire «corona». Anche questo, perciò, richiama subito alla mente l’idea del martirio, perché, nei secoli successivi, la corona costituì l’emblema tipico e onorifico dei caduti per Cristo. Ma Stefano non è soltanto il primo Martire cristiano. La sua Passione è di fondamentale importanza, perché non ha nulla del favoloso o del leggendario. Non ci sono dubbi sui documenti storici che ce l’hanno tramandata, e già Sant’Agostino, 15 secoli fa, scriveva: «Mentre per gli altri Martiri, soltanto con molta fatica possiamo trovare gli Atti, per leggerli in occasione delle loro solennità, la Passione di Santo Stefano si trova in un libro canonico, facente parte delle Sacre Scritture». Il libro canonico è quello degli Atti degli Apostoli, redatti dall’Evangelista Luca. È questo il testimone incontestabile che ci narra la vita e la morte di Stefano, il primo Martire: «In quei giorni, poiché il numero dei discepoli cresceva sempre di più, si udirono i lamenti degli Ellenisti contro gli Ebrei, perché, nel quotidiano ministero della carità, le loro vedove erano trascurate. Allora i Dodici, convocata la moltitudine dei discepoli, dissero: «A noi non conviene lasciar la parola di Dio per servire alle mense. Scegliete perciò tra voi sette uomini di buona reputazione, ai quali affideremo questo incarico». «La proposta piacque all’adunanza: ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmenas e Nicola. Li presentarono agli Apostoli i quali imposero loro le mani». Nella prima e già numerosa Chiesa di Gerusalemme, si delinea così il principio di una gerarchia. I dodici Apostoli si occupano della parola di Dio, cioè della preghiera, della predicazione, della difesa della dottrina. Per le opere di carità, per l’assistenza delle vedove e degli orfani, son designati sette diaconi, primo tra questi Stefano «uomo pieno di fede e di Spirito Santo». Ma Stefano non si limita alla carità materiale. La fede lo sprona; lo Spirito parla in lui. Anche convertire gli increduli è carità: carità spirituale. E sono proprio le sue parole, a far insorgere contro di lui gli uomini «di testa dura», che se ne scandalizzano, lo accusano, e finalmente lo condannano alla Iapidazione, nella valle del Cedron, fuor di Gerusalemme. Il discorso di Stefano davanti al Sinedrio, riferito dagli Atti degli Apostoli, fu di grande chiarezza e di estremo coraggio. «Gente di testa dura egli disse, incirconcisi di cuore e di orecchi! Voi contrastate sempre lo Spi-rito Santo! Come facevano i vostri padri, così fate voi. Voi, che avete ricevuto la Legge, non l’avete osservata». Erano parole scottanti, ma a renderle incandescenti non era l’odio: era piuttosto il fuoco di una fede che non conosceva compromessi e che non temeva pericoli. Agli avversari che lo guardano, Stefano, si legge, appare con il volto come quello di un angelo. Un angelo che fissa il cielo e dice: «Ecco, io vedo i cieli aperti, e il Figliuolo dell’Uomo stare alla destra di Dio». E i cieli si aprono per lui, Stefano, trascinato nella valle del Cedron, fuor di Gerusalemme, per esservi lapidato. In ginocchi, egli prega: «Signore Gesù, ricevi il mio spirito». Poi, come il Maestro, ripete: «Non imputare loro questo peccato». Gli Atti dicono che fu fatto gran pianto sulla tomba di Stefano, primo Martire cristiano, prototipo e modello di tutti coloro che renderanno testimonianza della loro fede con la propria vita, nelle persecuzioni subite dalla Chiesa, quelle che dovevano venire e quelle che ancora verranno.